Quadri e certificazioni falsificate: tutti assolti, alcuni reati in prescrizione

Il Tribunale di Pesaro
Il Tribunale di Pesaro
di Luigi Benelli
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Mercoledì 28 Giugno 2023, 05:50 - Ultimo aggiornamento: 13:44

PESARO - Giro di quadri falsi o certificazioni false, in 18 davanti al gup del tribunale di Pesaro. I capi di imputazione sono 57 e vanno dall’associazione a delinquere alla ricettazione, dalla truffa alla falsificazione. I nomi degli artisti sono di primo piano, da Lucio Fontana a Giuseppe Capogrossi, da De Chirico fino a Gino De Dominicis. Ieri la sentenza per fatti datati anche al 2012.

Un processo nato a Roma e che ha visto tra gli indagati anche Vittorio Sgarbi, all’epoca dei fatti presidente della fondazione archivio De Dominicis, accusato dalla Procura di Roma di avere certificato come autentici alcuni lavori riconducibili all'artista neo-avanguardista di origini marchigiane.

Il giudice dell'udienza preliminare ha fatto cadere le accuse per il critico d'arte con la formula perché "il fatto non costituisce reato". Ora il processo si è spostato a Pesaro, dove sarebbe avvenuta la prima ricettazione. L'indagine ebbe il suo culmine nel novembre del 2018 quando due persone finirono agli arresti domiciliari e altre 20, tra cui lo stesso storico e critico d'arte, furono raggiunte da avviso di garanzia. Per due galleristi scattò l'interdizione all'esercizio della professione.

Su ordine del gip, furono sequestrate oltre 250 opere considerate contraffatte da chi indagava, per lo più cedute a ignari collezionisti, oltre ad altro materiale atto alla falsificazione. Il tutto per un presunto valore di 30 milioni di euro. Nel corso delle indagini sarebbe anche stato individuato il locale adibito a laboratorio dove sono state trovate opere con tutto il materiale idoneo alla produzione di falsi. Secondo l'impianto accusatorio, sul mercato lecito dell'arte contemporanea sarebbero state immesse numerose opere d'arte contraffatte, corredandole di fraudolente certificazioni di autenticità.

Nell'ordinanza cautelare emessa nel 2018 il gip spiegava che le "indagini del procedimento hanno avuto origine dalla contrapposizione tra due Archivi”, entrambi dedicati allo stesso De Dominicis. Al centro delle indagini una cittadina pergolese di 57 anni, vicepresidente della Fondazione De Dominicis, considerata il fulcro delle operazioni, allieva ed erede spirituale dell’artista scomparso nel 1998. L’artista le avrebbe lasciato in eredità oltre 150 opere e di creare una fondazione.

Il testamento però sarebbe considerato inattendibile e falso dall’accusa. Di qui la firma delle autentiche e secondo l’accusa la fondazione era una «struttura necessaria per dare ulteriore credibilità al progetto criminoso». Il giudice ha emesso una sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non sussiste per la contestazione dell’associazione a delinquere. Prescritti tutti gli altri reati e disposto la restituzione di tutte le opere agli aventi diritti. Tra gli avvocati di parte civile Davide Peppe del foro di Roma.

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