Racket del caro estinto, l'ospedale chiede il danno d'immagine ai necrofori

Racket del caro estinto, l'ospedale chiede il danno d'immagine ai necrofori
Racket del caro estinto, l'ospedale chiede il danno d'immagine ai necrofori
di Luigi Benelli
3 Minuti di Lettura
Venerdì 11 Settembre 2020, 06:55

PESARO - Processo necrofori, l’Azienda ospedaliera Marche Nord chiede i danni di immagine. Ieri davanti al collegio in tribunale di Pesaro nuovo capitolo di una vicenda che ha preso le mosse nel 2013. Hanno parlato le difese degli imputati e l’avvocato di parte civile per l’Azienda ospedaliera Marche Nord Paolo Biancofiore. L’inchiesta era nata nel 2013 dalla Guardia di Finanza. Gli imputati sono Antonio Sorrentino, Vincenzo Vastarella, Donatella Giunti, Domenico Pascolo, Francesco Furone, Vladimiro Dedenghi (per cui è stata chiesta l’assoluzione ndr). Per loro l’accusa è di peculato in concorso fra loro.

Secondo la tesi della procura avrebbero attuato, come necrofori dell’allora ospedale San Salvatore, un disegno criminoso per ripartirsi le somme tra loro per la vestizione delle salme giacenti all’obitorio comunale, che indebitamente incassavano dalle imprese di pompe funebri o dai familiari che richiedevano la vestizione. Questo in violazione della convenzione stipulata tra Comune e Azienda San Salvatore. Secondo l’accordo avrebbero dovuto consegnare al richiedente il servizio di vestizione una bolletta che poi il parente del defunto avrebbe dovuto pagare all’ufficio cassa dell’ospedale.
 
Le somme sarebbero state invece ripartite tra loro cagionando un danno patrimoniale di circa 26 mila euro per la vestizione di 520 salme. Per Sorrentino l’accusa è anche di aver «promosso e organizzato la cooperazione nel reato». Per loro sono stati chiesti dal pm 24 anni complessivamente.
Sentenza l’11 novembre
La sentenza arriverà l’11 novembre. Il legale di parte civile Paolo Biancofiore ha evidenziato che «l’Azienda ha subito danni ripetutamente perché indebitamente riscuotevano da privati o pompe funebri somme dalla vestizione. L’istruttoria ha dimostrato un accordo stabile degli imputati per ripartirsi le somme, un meccanismo illecito finalizzato ad aggirare la convenzione. Tutto questo ha portato a un discredito e a un danno di immagine per l’azienda ospedaliera. Dunque chiediamo il risarcimento dei 26.175 euro incassati ingiustamente e altri 30 mila per il danno arrecato all’ospedale». 
Cattiva contabilità
L’avvocatessa Pia Perricci che difende Vastarella ha sostenuto in aula: «Non c’è peculato, ma una cattiva contabilità tenuta sino al momento delle indagini come verbalizzato anche dalla guardia di finanza, al punto tale che sono state trovate fatture intestate a Pinco Pallino con indirizzo di residenza via dei Paradisi. Non c’è stato incasso di soldi, ma di mance». Gli ha fatto eco Giovanni Orciani che difende Sorrentino: «Confidiamo sul fatto che il tribunale comprenda che da quanto emerso dall’istruttoria dibattimentale non emergono ipotesi di peculato, ma un sistema diffuso di distribuzione di mance per i servizi prestati alle agenzia funebri, che nulla hanno a che vedere con i soldi da versare all’ospedale. Del resto le agenzie funebri avevano maggior interesse a pagare l’Asur, detraendo fiscalmente il costo, piuttosto che dare la mancia al necroforo, che naturalmente non potevano detrarre. Quindi dire che le mance venivano versate ai necrofori al posto di pagare i bollettini dell’ospedale, a parere nostro, non ha nemmeno un senso logico».