Maurizio Saltarelli, il signore delle aquile: «Io, fan di Nini Rosso. Suonò la mia tromba»

Quel viaggio a Roma a casa del musicista

Maurizio Saltarelli, il signore delle aquile: «Io, fan di Nini Rosso. Suonò la mia tromba»
Maurizio Saltarelli, il signore delle aquile: «Io, fan di Nini Rosso. Suonò la mia tromba»
di Elisabetta Marsigli
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Domenica 7 Gennaio 2024, 02:20 - Ultimo aggiornamento: 11:52

Il volo delle aquile gli ha cambiato la vita: Maurizio Saltarelli è stato uno degli operatori del Cras (Centro Recupero Animali Selvatici), ora in pensione, tra i più conosciuti e amati. La sua gentilezza e disponibilità, nonché la sua grande competenza in materia di animali selvatici, ha salvato tante vite. Eppure Maurizio, da piccolo sognava ben altro, suonare la tromba. Classe 1958, i primi anni della sua vita li ha passati a seguito del papà che lavorava per l’Agip: «Ci spostavamo spesso, fino in Sicilia, ma quando nacque mia sorella, nel 1964, i miei genitori decisero di fermarsi, comprando una casa a Bivio Borzaga. Dato che il nonno aveva un’osteria, la mia famiglia scelse di investire in quel settore, aprendo un bar». 

In mezzo alla campagna

La zona di Fermignano, in quel periodo, non aveva tante attrazioni: «Eravamo davvero in mezzo alla campagna: per fare parcheggiare le auto dei clienti che venivano al bar, toccava aspettare la mietitura». Erano però gli anni d’oro: «investire in un’attività a quei tempi era possibile e dava i suoi frutti. Così fin da bimbo ho iniziato a dare il mio contributo: tornavo da scuola e davo una mano. Non mi sentivo affatto sfruttato, era normale aiutare in casa e dava anche soddisfazione. Il mio compito era di rifornire il frigo di bibite, riempire le bottiglie di vino, ecc. Certo avevo poco tempo per giocare con i miei amici, ma non mi pesava. Ogni tanto andavo a pescare con loro, oppure ci divertivamo, a costruire palafitte sugli alberi, combattevamo contro invisibili nemici che scendevano da Urbino. Giochi semplici e naturali».

Maurizio ha avuto un babbo abbastanza autoritario: «concedeva pochi spazi al nostro tempo libero e le punizioni erano pesanti: a letto senza cena… Pensa che paradosso per uno che aveva una trattoria (ride), così era la mia nonna a portarmi la cena di nascosto. I miei compleanni erano un assaggio di torta e via al lavoro, ma i miei non mi hanno mai fatto mancare nulla e mi stava bene affrontare quei piccoli sacrifici». Verso i 16 anni però, a Maurizio viene la passione per la musica: gli piaceva la tromba e iniziò a suonare con la Banda cittadina di Fermignano, frequentando anche due anni di Conservatorio a Pesaro: «Il mio idolo era Nini Rosso.

Era il periodo in cui aveva scritto Il Silenzio e io l’avevo imparato immediatamente. Interruppi il Conservatorio per fare il militare, e fu in quel periodo che feci la mattata, andai a trovare Nini Rosso a casa sua, a Roma. Lui era una star, era un caro amico di Franco Cerri e Piero Angela: insieme avevano anche fondato un complessino jazz, i Pierrot».

Una star che era sull’elenco telefonico: «Il suo vero nome era Raffaele Celeste Rosso: mi rispose e mi invitò a casa sua. Ancora ricordo: “Quando esci dalla stazione, prendi l’autobus numero 11 che ti porta in via delle medaglie d’oro”. Mi aspettò sulla porta di casa. Rimasi incantato dalla sua gentilezza, dalla sua disponibilità. Ancora ho un libro autografato come solo faceva lui: la sua firma era una tromba stilizzata». Le collaborazioni di Maurizio con il locale di famiglia si erano anche un po’ trasformate: «Suonavo la tromba ai matrimoni e una sera invitai anche Nini Rosso. Fu una serata magnifica e non solo suonai con lui, ma addirittura lui suonò la mia tromba. Ce l’ho ancora ed è uno dei miei cimeli più cari, toccata e suonata da quel grande maestro: fu lui a dirmi di seguire sempre i miei sogni».

La scoperta

In seguito però Maurizio ha frequentato l’Istituto Alberghiero: una scelta quasi obbligata. Era un bravo pizzaiolo e si dilettava anche nelle torte. «Dopo una pausa di 5 anni riprendemmo il locale, ma i tempi erano cambiati. Così ci inventammo un locale che poteva offrire tante attrazioni, l’Oba Oba, con il bowling e la paninoteca. Era la stagione dei paninari». Ma Maurizio aveva ancora una passione, gli animali selvatici. «Nella ristorazione hai davvero poco tempo da dedicare alla famiglia o a qualsiasi altro hobby».

Si sposa giovanissimo, ma accade qualcosa: il suo primogenito ha bisogno di respirare aria pura e Maurizio, su consiglio del nonno, lo porta al Furlo: «Al Furlo mi ricordai subito di quando ci andavo da bambino, ma ora con una consapevolezza nuova. Così incontrai le aquile che mi hanno cambiato la vita, mi hanno aperto il cuore e osservando loro, iniziai ad osservare anche gli altri animali selvatici. Credo che tutti possano sviluppare delle competenze, anche apparentemente distanti, trovando dentro di sé la propria aspirazione».

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