PESARO Ama l’arte e la insegna con passione ai giovani: Luca Sguanci ha ereditato l’amore per l’arte da papà Loreno (lo scultore scomparso 13 anni fa), per incidere e trasformare le persone e il territorio nel segno della bellezza. Luca è nato “in compagnia”: «Sono nato insieme alla mia gemella Lucia e fortunatamente sono nato in una famiglia che amava molto la compagnia, in quanto erano già nati mio fratello Antonio e mia sorella Stella. Con una differenza di età di circa 15 anni, Stella è stata quasi una seconda mamma: ci affidavano a lei i miei genitori quando andavano a qualche incontro culturale. La mamma era la prima fan di babbo e lo seguiva sempre, ma aveva anche il suo bel da fare con una famiglia di 6 persone».
Famiglia numerosa
Una famiglia numerosa, in cui Luca cercava il suo spazio personale, privato e lo ha trovato nel disegno: «Era un ambito tutto mio, un piacere tutto mio. Mio fratello era più grande di me e aveva le sue amicizie, Lucia preferiva stare con Stella e le sue amiche, o aiutare la mamma. Il disegno è stato il mio habitat naturale, un ambiente solitario in cui nessuno entrava. Tutti pensano che sia stato condizionato da mio padre: forse nell’input iniziale sì. Sicuramente il lavoro di mio padre mi affascinava molto, però in realtà è stato mio fratello a farmici entrare. Da buon fratello più grande mi faceva colorare i suoi disegni: dinosauri, cowboy, indiani. E quando non avevo disegni pronti ho iniziato a farli io. È nata così la mia passione: era un esercizio che mi teneva calmo, che mi faceva riflettere. Era anche una parte del mio carattere: sono sempre stato un bambino piuttosto timido, non amavo la competizione. Così mi rifugiavo nello studio di mio padre: lui lavorava con i suoi ritmi e io mi sentivo a casa».
La sincerità dell'artista
Ma Luca imparava anche a conoscere il mondo attraverso il disegno: «Era uno strumento perfetto per esplorare la forma delle cose. Prendevo i libri di anatomia e li ricopiavo come un amanuense. Ricopiavo test di scienze, gli animali: volevo capire come funzionava il mio corpo, come si muovevano gli animali e la natura. Così ho iniziato a disegnare per descrivere la realtà.
Un disegno che aveva il sapore del dono e della narrazione: «Inizialmente avevo scelto il liceo Scientifico, per avere le basi di una esplorazione delle scienze, ma quando ho finito il liceo ho intuito che c’era l’umano da sondare e così, dopo un anno di biologia, ho deciso di frequentare filosofia».
L'Accademia di Brera
Finita l’università, Luca partecipa ad un concorso all’Accademia di Brera ed entra in graduatoria nazionale per insegnare anatomia artistica: «Ero felicissimo, mi sentivo di aver trovato il ruolo giusto ed avevo le carte giuste per giocare il mio destino. Purtroppo fu anche una grande delusione, perché nell’arco di un paio d’anni hanno chiuso le graduatorie e dato la possibilità ai presidi di scegliere chi mettere in cattedra. Essendo io un esterno e non conoscendo nessuno, la mia carriera all’Accademia è finita lì».
L’impegno per i giovani
Ma la delusione non ha fermato la sua voglia di dedicarsi ai giovani e all’arte. «Ho deciso di portare il disegno e la sua capacità formativa, che avevo sperimentato nella mia vita, nel mondo dell’educativo. Come educatore professionale con competenze nelle arti figurative è nata una bellissima avventura in diversi centri». Non difficile individuare il suo mito da ragazzo, e non solo: «Piero Angela, senza dubbio: mi permetteva di scoprire un mondo lontano, che non conoscevo, poi era intrigante perché nel racconto utilizzava anche mezzi misti, faceva anche dei piccoli cartoni animati, per spiegare come funzionavano le cose della natura».
Le vetrate delle chiese
La sua timidezza era già migliorata e si è aperto con le esperienze di lavoro estivo: «A 14 anni lavorai anche, con la scuola dal meccanico delle bici in piazza e poi le stagioni estive». Ma forse non tutti sanno che molte delle vetrate delle chiese del nostro territorio le ha disegnate proprio Luca, come ad esempio quella della chiesa di Cristo Re.