PESARO È diventata una osservazione a tutti gli effetti, protocollata ieri mattina in Comune, la levata di scudi dei cinque architetti pesaresi, che parlano come “liberi cittadini” senza alcun legame con l’Ordine professionale, in difesa del palazzo della Provincia per preservarlo da varianti urbanistiche al Prg, che ne snaturino le linee in stile moderno e le funzioni storiche, e da eventuali sconsiderati abbattimenti.
Lo skyline
La preoccupazione nasce dal fatto che il complesso principale di viale Gramsci, quello con le facciate continue a vetrata e il caratteristico skyline entrato nell’immaginario collettivo dei pesaresi, nato tra il ‘65 e il ‘66 con la firma dell’architetto romano Filiberto Sbardella e dell’ingegnere locale Leopardo Cioppi, non è sottoposto a vincolo della Soprintendenza in quanto escluso dalla “legge dei 70 anni”, il decreto legislativo 42/2004 che tutela gli immobili di proprietà pubblica che abbiano raggiunto la “veneranda” età.
La funzione
«A nostro parere andrebbe conservata la funzione collettiva e pubblica, riqualificando gli ambienti come sede universitaria, anche con dei piccoli alloggi per gli studenti». Le caratteristiche del palazzo «individuano nella sede accademica l’utilizzo più indicato - ha ribadito l’architetto Paianini, evidenziando le affinità con il palazzo della Rai di viale Mazzini -. Una scelta strategica nel rispetto dell’esistente, in vista del futuro. La liberalizzazione delle destinazioni introdotta dal Prg è quanto di più sbagliato. Non ci si può inventare una funzione a caso. Ho individuato almeno 30 contenitori da analizzare e studiare per capire l’utilizzo migliore per la città. Certo che un supermercato in sala Pierangeli sarebbe un affronto». Una battuta più che una reale eventualità in quanto la Soprintendenza, nelle prescrizioni fissate in Conferenza di servizi, ha richiesto che si conservi l’utilizzo pubblico della sede consiliare. «Manca uno studio sulla strategia dei complessi urbani per la città - ha fatto notare l’architetto Clara Tarca -, si rischia di realizzare contenitori anonimi e casuali, slegati dalla storia e dalle caratteristiche originali. La Capitale della cultura dovrebbe comportare uno studio per il domani, rispondendo alle esigenze attuali». L’architetto Marconi ha messo in evidenza che «il palazzo della Provincia è l’unico edificio pubblico moderno di pregio rimasto dagli anni ’60. Demolirlo sarebbe una follia. Così come va tutelata la sala Pierangeli, realizzata da Celio Francioni, uno dei migliori esempi di design quanto agli arredi». Figlio del padre Leopardo, l’architetto Luigi Cioppi ha ricordato che l’edificio era nato come sanitario.
L’origine
«Si tratta di un edificio che, anche se non è vincolato, rivela una concezione unitaria e un valore intellettuale. È un vero organismo di epoca moderna, coeso e inscindibile». All’incontro in sala Rossa è intervenuto come supporter il consigliere comunale di centrodestra Michele Redaelli che ha ricordato l’iter che seguirà l’osservazione dei 5 architetti: «Dopo il primo passaggio della variante sostanziale al Prg, ce ne saranno altri due durante i quali verranno discusse le richieste per il “salvataggio” del palazzo della Provincia».