Il prefetto Emanuela Saveria Greco: «Cresciuta sui libri, amavo gli scherzi»

Il prefetto Emanuela Saveria Greco: «Cresciuta sui libri, amavo gli scherzi»
Il prefetto Emanuela Saveria Greco: «Cresciuta sui libri, amavo gli scherzi»
di Elisabetta Marsigli
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Sabato 16 Marzo 2024, 15:45 - Ultimo aggiornamento: 17 Marzo, 12:30

Si è immersa immediatamente nel contesto culturale di Pesaro, sposandone da subito i valori sociali: stiamo parlando della prefetta Emanuela Saveria Greco che con raffinata gentilezza e brillante autoironia ci ha permesso di raccontare la sua infanzia. «A Pesaro ho scoperto una terra bellissima, che conoscevo poco, ma ho subito apprezzato il senso dell’accoglienza dei marchigiani e soprattutto dei cittadini di tutta la provincia. Per i piccoli centri, lontani dal capoluogo, ho sempre avuto un occhio di riguardo, in quanto sono nata in un piccolo paese e so cosa vuol dire il senso di isolamento che si prova dall’essere fisicamente lontano dalle istituzioni».


Il paesino


Emanuela è nata a Terravecchia, ma ha vissuto fino ai 18 anni a Cariati, comuni entrambi in provincia di Cosenza. «Terravecchia è tra gli ultimi paesi della provincia, al confine con quella di Crotone. La mia famiglia si trasferì però quasi subito a Cariati, dove c’erano anche le scuole superiori». 


Emanuela è la primogenita: «Ho due fratelli e una sorella, tutti più piccoli di me e quindi ho dovuto sempre svolgere il ruolo di sorella maggiore, un punto di riferimento importante per loro». Il ruolo di sorella maggiore avrebbe imposto un certo rigore, ma Emanuela, nonostante l’aspetto angelico, era una ragazzina fantasiosa e assai dispettosa: «Raccontavo un sacco di storie, me ne inventavo una dietro l’altra, un sacco di bugie, tanto è vero che ora non riesco più a mentire per quante ne ho raccontate da bambina. Ero molto dispettosa, facevo scherzi terribili ai miei fratelli», racconta sorridendo. 


«Io e mia sorella dormivamo insieme in una stanza con un grande armadio a muro e lei era terrorizzata da questo armadio che avrebbe potuto contenere chissà quali misteri. Una notte mi ci sono nascosta dentro: appena mia sorella si è messa a letto, sono uscita dall’armadio con un lenzuolo bianco addosso: non vi dico le urla sue e dei miei fratelli». E non ha risparmiato nemmeno la vicina, quando durante il carnevale «sapevo che sarebbe venuta a svegliarmi al mattino: le feci trovare la sagoma di una mano finta e insanguinata sul mio cuscino». Adorava fare gli scherzi, ma era anche una bambina studiosa, bravissima a scuola: «Mi piaceva moltissimo studiare e lo facevo senza sforzo. Adoravo leggere: nel nostro paesino non c’erano molti svaghi, né cinema, né teatro. Si giocava in strada, in bicicletta o sui pattini. Così mi rifugiavo spesso nei libri e ne ho letti davvero tantissimi da ragazzina: forse la mia fantasia e la mia eterna curiosità derivano proprio da quelle letture appassionate». 
Ma Emanuela era anche molto generosa: «Ho sempre seguito l’esempio di mio padre (sindaco di Terravecchia e presidente dell’Azienda sanitaria nel comune di Rossano), sempre votato nell’aiuto ai deboli, soprattutto nel rispetto dell’essere umano: ognuno di noi è un essere unico, con la sua bellezza.

Un principio che ho sempre adottato, sia da bambina, quando regalavo i miei vestiti alle mie amiche che non avevano possibilità economiche, che nella mia carriera lavorativa dove ho cercato di fare sempre del bene alle persone che me lo hanno chiesto».


Giocava a calcio


Emanuela ha giocato anche a calcio: «Ero il numero 8, centrocampista di azione in una squadra che si chiamava Parmalat… E potete immaginare i commenti maschili quando scendevamo in campo con quella scritta sul seno». Decisamente una persona anticonvenzionale: «A parte gli scherzi, ero davvero una bambina responsabile, amica di tutti. Ho studiato anche pianoforte, ma… forse non dovrei dire che mi annoiavano un po’ i solfeggi. Poi, essendo biondina con gli occhi azzurri, mi mettevano sempre in prima fila nei cori: l’unico problema è che sono stonata e quindi dovevo solo fare finta di cantare (ride). Però ero molto brava a recitare le poesie e mi coinvolgevano spesso nelle recite della scuola». Dopo il liceo Scientifico frequenta Giurisprudenza Roma. «Poi ho fatto molte cose - racconta -, tra cui anche un master in negoziazione e conciliazione, ho superato l’esame di avvocato e diversi concorsi, tra cui quello da vice consigliere in Prefettura che mi piacque particolarmente, anche se lo feci per caso, tanto da abbandonare il concorso in magistratura. Sono sempre stata molto curiosa e tutte le battaglie sociali mi vedevano e mi vedono tuttora impegnata. Uno dei miei motti è sempre stato “bisogna fare tutto seriamente, ma non bisogna mai prendersi troppo sul serio”, mi piace ironizzare sui miei difetti». 
 

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