«Siamo pronti a eseguire l’ordine di evacuazione»: Denis Prokopenko, comandante del reggimento Azov lo annuncia in un video diffuso sui social. E le sue parole lasciano comprendere che è arrivato il momento della resa. «Mi sembra di stare in un reality - aveva detto il soldato nei giorni scorsi - ma la vita e la morte sono reali». E ora, a distanza di 83 giorni dall’inizio della guerra, quando grazie alla resistenza all’interno delle acciaierie di Mariupol, l’Ucraina ha ritrovato la forza per contrattaccare Mosca, arrivano queste dichiarazioni che aprono un nuovo fronte. Il presidente Volodymyr Zelensky ha dichiarato in questi giorni che non aveva abbandonato i soldati rimasti all’interno dell’impianto e ha continuato a trattare con la Russia. Ma dove porterà questa mediazione? Che fine faranno i combattenti di Azov e gli altri marines? Nel pomeriggio di ieri, i filorussi del Donetsk avevano annunciato che i primi dieci soldati erano usciti dalle acciaierie sventolando una bandiera bianca. Ma la conferma non c’era stata.
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I feriti
Nel frattempo, però, si sono viste le prime barelle con i feriti.
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Gli appelli
In queste settimane hanno continuato a cercare una soluzione per i loro familiari anche le mogli e le fidanzate dei soldati chiusi nelle acciaierie. Dopo essere state da Papa Francesco qualche giorno fa, alcune di loro si sono recate in Turchia, per ringraziare il presidente Erdogan. «Hanno ormai perso le speranze e si preparano alla battaglia finale», ha detto Kateryna, moglie di uno dei soldati. «Salviamo la loro vita, non diamo premi postumi», è stato l’appello di Yuliia. Mentre quelle che si sono recate in Turchia hanno ringraziato il presidente per la mediazione di questo periodo e per aver offerto una nave per l’evacuazione.