Parlando di futuro. Nando Ottavi non ha dubbi: «Un caffè al bar sarà sempre più forte del Covid»

Nando Ottavi, presidente della Simonelli Group di Belforte del Chienti
Nando Ottavi, presidente della Simonelli Group di Belforte del Chienti
di Lolita Falconi
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Domenica 16 Maggio 2021, 04:40

BELFORTE DEL CHIENTI - Nando Ottavi, presidente di Simonelli Group di Belforte del Chienti, una vita nel mondo del caffè. Imprenditore e dunque ottimista per natura. Ripartiremo davvero dopo l’estate?
«Credo proprio di sì. La ripresa ci sarà. Aggiungo però che la ripartenza sarà tanto più stabile, forte e duratura quanto più l’Italia e l’Europa saranno capaci di vaccinare, vaccinare, vaccinare mettendo in sicurezza la popolazione. Non possiamo permetterci il rischio di nuove ondate. Sono convinto che verso la fine del 2021 e l’inizio del 2022 le cose andranno nettamente meglio».

 
Dica la verità: quanto le manca la tazzina di caffè al bancone del bar?
«Confesso: tanto. Ma tornerà. Presto. E non vedo l’ora di poter prendere un caffè o un aperitivo in compagnia al bancone di un bar e di veder tornare il sorriso nei tanti amici operatori - baristi e ristoratori - così provati da mesi di chiusure». 


Quali settori traineranno la ripresa?
«Il nostro mostra già adesso segni di ripartenza. Il caffè si beve ad ogni latitudine, sarà sempre più forte del Covid. In questo periodo le difficoltà più grandi che abbiamo è il reperimento dei materiali, soprattutto per la componente elettronica, e l’aumento dei prezzi. L’altro fronte caldo è quello dei trasporti che stanno creando un mare di difficoltà. Per aziende come la nostra, consideri che lavoriamo con tutto il mondo ed esportiamo oltre il 90 per cento all’estero, è difficile trovare container. E anche qui l’aumento dei costi è del 30-40%. Ecco, reperimento dei materiali, trasporti e costi possono essere le problematiche da affrontare nel secondo semestre di quest’anno».


Quanto tempo ci metteremo per recuperare terreno? 
«Un po’ di tempo ci vorrà, anche perché il nostro modo di vivere è cambiato. Non sarà un tornare quelli che eravamo. Molte cose non saranno mai più come prima, il Covid ha modificato radicalmente alcune nostre abitudini. Prendiamo la tecnologia: è entrata nelle nostre vite in modo imponente. Oggi quasi tutti sanno collegarsi in videoconferenza, chattare e per le aziende questo comporterà sicuramente un vantaggio anche in futuro. Detto questo dobbiamo poi tornare a far girare la macchina produttiva. Lei consideri che in molte aziende da un anno e mezzo non si viaggia più, non si fanno fiere. E proprio i momenti di contatto fisico con i clienti, di conoscenza dei prodotti, sono sempre stati un punto di forza delle piccole e medie imprese e speriamo che tornino presto».


Cosa le è mancato di più in questo anno e mezzo?
«Forse è mancato l’aspetto dello svago, delle ferie, il fatto di prendere e partire qualche giorno, magari d’estate, in modo spensierato, per staccare un po’.

Anche qui c’è però il risvolto positivo della medaglia: il Covid ha fatto riscoprire il gusto di stare in famiglia». 


Che rapporto ha con la mascherina?
«Un po’ mi pesa a volte indossarla, specie nelle riunioni, quando bisogna parlare. Però quest’inverno, portandola sempre, non ho preso neanche un raffreddore».


Bar e ristoranti che sono stati tra le categorie più penalizzate. Vede una nuova primavera anche per loro?
«In Italia il settore è in grande difficoltà. Le chiusure hanno creato grossi problemi. E non sono stati risolutivi i ristori: l’unica vera soluzione è tornare a lavorare a pieno regime».


La sua azienda esporta in tutto il continente. Possiamo dire che, con la pandemia, tutto il mondo è un paese?
«In realtà le situazioni non sono tutte uguali. Noi ci stiamo salvando perché esportiamo in 125 Paesi e cogliamo le diversità. Ci sono Paesi che sono ripartiti prima: l’Asia da settembre ha ripreso quasi normalmente, la Russia non si è fermata quasi per niente, il Medio Oriente idem. In Europa notiamo più difficoltà».


Si è vaccinato?
«Mi sono vaccinato qualche settimana fa. Non ho scelto il tipo di vaccino né chiesto nulla: sono andato al centro e ho fatto l’iniezione. Secondo me sono state fatte troppe discussioni sui vaccini, è meglio questo o quello. Invece bisogna farlo senza troppi fronzoli perché è l’unica arma che abbiamo contro il rischio di nuove ondate». 


Parlando di futuro non possiamo non accennare al discorso delle infrastrutture e della ricostruzione. La ripresa post Covid sarà locomotiva anche per questi aspetti da sempre problematici del territorio?
«La speranza è l’ultima a morire. Il rapporto con il territorio è un patrimonio imprescindibile per le nostre imprese, un vero punto di forza a cui nessuno di noi vuole rinunciare. Tuttavia non mancano le difficoltà: in primis i problemi connessi alle carenze infrastrutturali, sia all’interno della regione, sia per i collegamenti verso l’esterno. L’alta velocità ferroviaria lungo la linea adriatica e tra Ancona e Roma sono quanto mai necessarie, così come il potenziamento dei collegamenti aerei e tecnologici. Molte aziende non sono messe nelle condizioni di competere perché non hanno la banda larga. Nel 2016 c’è stato il terremoto, cinque anni dopo ancora nessuna ricostruzione concreta. La nostra speranza sono adesso i fondi del Recovery plan, la Regione non faccia investimenti a pioggia ma progetti mirati. Per agganciare le Marche al treno del Nord. E’ un’occasione da non sprecare».

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