Il direttore dell'Inps Crudo: «Carenza di stagionali? Non darei tutta la colpa al reddito: la media è 500 euro al mese»

Il direttore dell'Inps Crudo: «Carenza di stagionali? Non darei tutta la colpa al reddito: la media è 500 euro al mese»
Il direttore dell'Inps Crudo: «Carenza di stagionali? Non darei tutta la colpa al reddito: la media è 500 euro al mese»
di Martina Marinangeli
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Giovedì 2 Giugno 2022, 02:05

Antonello Crudo, direttore dell’Inps Marche, nei dati riportati nell’Osservatorio statistico aggiornato a maggio, emerge come nella nostra regione l’importo medio del reddito di cittadinanza ammonti a 514 euro: questo dove ci colloca nel panorama nazionale?
«Prendendo ad esempio il mese di aprile, se si vanno ad esaminare aree geograficamente simili come le altre regioni del centro, si può notare come l’importo medio percepito nelle Marche sia più basso. E questo rispetto a Toscana, Lazio, Umbria ed Abruzzo, a fronte di un numero medio di componenti dei nuclei familiari percettori – 2,16 componenti - leggermente superiore».

Cosa significa?
«Considerando che la misura del reddito è funzione dei componenti del nucleo e del reddito familiare ciò significa che nelle Marche il livello reddituale medio dei percettori è maggiore rispetto alle altre regioni del centro.

Relativamente alla composizione dei nuclei, il 75% è senza presenza di minori, mentre il restante 25% ne registra la presenza. Un dato in linea con quello nazionale».

Da quando il reddito di cittadinanza è stato istituito nel 2019, ogni estate scatta la polemica sul fatto che questa misura sia la causa della difficoltà, soprattutto per le attività stagionali, di trovare persone disposte a lavorare: cosa ne pensa? È d’accordo?
«Da osservatore esterno, posso dire che non darei al reddito di cittadinanza tutta la responsabilità della difficoltà nel trovare lavoratori stagionali. Soprattutto perché, come dicevamo, l’importo medio è di poco più di 500 euro al mese. Personalmente concentrerei più l’attenzione sulla “seconda gamba” del reddito di cittadinanza, ovvero quella delle politiche attive per reinserire i percettori nel mondo del lavoro: sembrerebbe non aver funzionato appieno».

Nelle attività di verifica che, come Inps, conducete sulle domande di accesso al benefit economico, qual è la percentuale di “furbetti” che avete individuato?
«Il numero delle revoche, rispetto al totale dei percettori, è rimasta costante e si assesta sul 7% circa. Il fatto che non sia mutata è indice anche della continuità delle azioni e delle collaborazioni messe in campo. Tuttavia, non sembra esserci ancora stato quell’effetto compliance che speravamo di ottenere».

Una percentuale tutto sommato contenuta: significa che il reddito di cittadinanza va a chi davvero ne può beneficiare
«Va detto che, col tempo, si sono affinati anche i controlli all’entrata, cioè al momento della liquidazione della prestazione. Dunque il dato va letto anche alla luce di una maggiore efficienza nelle verifiche automatizzate».

Quali sono le ragioni principali che stanno dietro alle revoche?
«Nella maggior parte dei casi, la causa sta nella dichiarazione Isee difforme, errori nella composizione del nucleo familiare, oppure attività lavorative non dichiarate. In quest’ultimo caso i provvedimenti possono essere non solo di revoca, ma anche di decadenza della prestazione.

Meri errori materiali o comportamento doloso?
«Può essere dolo o errore: noi facciamo le segnalazioni, poi le valutazioni più specifiche vengono fatte in altre sedi. Certo la dimensione o la tipologia di errore può già dare un’idea di cosa ci sia dietro».

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