La solitudine dei numeri primi. O dei numeri uno. In questo caso, di Palazzo Raffaello. Il governatore Francesco Acquaroli ha ormai dovuto fare suo un ruolo che gli è congeniale per indole, ma che sta occupando buona parte del suo tempo: il diplomatico. Circondato da una maggioranza che esprime personalità quantomeno sopra le righe, in più di un’occasione è dovuto scendere in campo per riportare ordine in ciò che ricorda da vicino un asilo nido. L’ultimo grattacapo in ordine di tempo è lo scivolone di ieri sulle nomine di presidenti e vice delle commissioni consiliari.
Il parallelo
A Roma, forte di un asse d’acciaio con Palazzo Chigi, ottiene fondi (i 400 milioni per l’alluvione del 15 settembre, per fare un esempio) e riesce a far nominare marchigiani in posti chiave: difficile pensare che Guido Castelli sarebbe commissario alla Ricostruzione o il rettore della Politecnica Gian Luca Gregori nel consiglio di Terna senza un suo assist. E ancora il deputato leghista Mirco Carloni alla presidenza della commissione Agricoltura, ministero guidato dal fratello d’Italia Francesco Lollobrigida, e la collega di partito Lucia Albano, nominata sottosegretaria al fondamentale ministero di Economia e Finanza.
Ma poi a casa si trova costretto a dribblare continuamente le mosse nefaste dei suoi compagni di squadra.
Ma di esempi, in questi 2 anni e mezzo di mandato, ce ne sono stati tanti: per citarne un altro, l’uscita del capogruppo FdI Carlo Ciccioli sulle vittime dell’alluvione («erano nel posto sbagliato al momento sbagliato») che gli è costata il ruolo di assessore. E in Consiglio regionale Acquaroli è dovuto spesso intervenire in prima persona per raffreddare gli animi dei suoi, protagonisti a più riprese di interventi poco consoni in quell’istituzione. Di fronte ad un contesto del genere, anche un santo perderebbe la pazienza. La misura è (quasi) colma.
Profilo Abbonamenti Interessi e notifiche Utilità Contattaci
Logout