Delitto di Cerreto, il retroscena: anomalie e segnale scarso, così il braccialetto ha fatto flop e Concetta è stata massacrata

Delitto di Cerreto, il retroscena
Delitto di Cerreto, il retroscena
di Federica Serfilippi
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Martedì 17 Ottobre 2023, 02:50 - Ultimo aggiornamento: 18 Ottobre, 10:47
ANCONA «Quel braccialetto funzionava male, tanto che avevo segnalato le anomalie alle forze dell’ordine per ben due volte». Il giallo del dispositivo da Codice Rosso. A toccarlo è stato ieri mattina Franco Panariello davanti al gip Sonia Piermartini nell’udienza di convalida del fermo scattato per omicidio volontario pluriaggravato. In aula, l’operaio di 55 anni accusato di aver ucciso a coltellate la moglie Concetta Marruocco, infermiera di 53 anni, ha sollevato dubbi sul funzionamento del dispositivo indossato alla caviglia dallo scorso marzo dopo la denuncia per maltrattamenti presentata dalla donna.  


La distanza


Un dispositivo (sequestrato dai carabinieri) su cui ora si stanno concentrando gli investigatori per capire se la notte del delitto il sistema di allarme non sia partito, sia partito solo in parte, oppure in ritardo, quando ormai il killer aveva superato la soglia limite dei 200 metri di distanza dalla moglie, da cui si stava separando, e dalla figlia 16enne. Le vittime avevano con loro un telecomandino che avrebbe dovuto avvisarle in caso di un eventuale pericolo. C’è un’ipotesi, tutta da vagliare: che ne sia suonato solo uno e quando ormai il killer era dentro casa, armato di coltello, pronto a uccidere la donna che l’aveva denunciato per maltrattamenti lo scorso marzo. L’accusa aveva fatto scattare la misura cautelare per Panariello: divieto di avvicinamento alle vittime (anche la 16enne è parte lesa nel processo) con il limite dei 200 metri, obbligo di allontanamento dalla casa familiare di Cerreto e braccialetto. «Una volta ho anche ricevuto assistenza tecnica dopo la mia segnalazione» ha sottolineato Panariello davanti al gip, riferendosi a un possibile difetto di connessione di rete a Cancelli di Fabriano, dove l’operaio viveva. Fino a ieri alle forze dell’ordine non risultavano le segnalazioni di Panariello. Sono in corso accertamenti.


Il falso avvertimento


Almeno in una occasione si sarebbe verificato un falso allarme legato al dispositivo. L’infermiera si trovava nel centro anti violenza Artemisia, a cui si era rivolta per chiudere un supporto dopo la denuncia.

L’avevano chiamata i carabinieri: «Signora, abbiamo ricevuto un alert, suo marito potrebbe essere nei paraggi, si trova in un luogo sicuro?». Le operatrici del centro avevano controllato l’esterno della struttura, attente a non farsi vedere: dell’uomo non c’era traccia. 


Il sistema


Ma come funziona il sistema di allarme? Il braccialetto col gps controlla da remoto la persona che lo indossa. Per essere efficace, anche la vittima deve portare con sé uni piccolo telecomando. Come lo stalker o il maltrattante si avvicina troppo (in questo caso meno di 200 metri) alla persona offesa scatta una fase di pre allerta che arriva al centro di monitoraggio realizzato dall’azienda che gestisce i dispositivi e alle forze dell’ordine, le quali si devono mettere in contatto con la vittima e l’indagato per verificare il potenziale rischio. Se questo è reale, allora c’è l’allarme vero e proprio, con la pattuglia dedicata che interviene. Un doppio passaggio, forse di troppo. I cosiddetti dispositivi anti-stalker vengono utilizzati dal 2019, con l’introduzione del Codice Rosso. Gli appalti per la fornitura e la manutenzione, a partire da fine 2018, sono stati vinti da Fastweb. Nell’ultimo bando di fine 2022 (vinto per 19 milioni di euro più Iva per la durata di 45 mesi) il Ministero dell’Interno, sulla scia delle altre gare, chiedeva un servizio «nell’ottica di un utilizzo di un numero mensile di mille dispositivi con la capacità di utilizzarne anche il 20% in più per un totale di 1.200». Numeri che comprendono sia i braccialetti utilizzati per i domiciliari, sia quelli destinati ai reati di genere. 


Le reazioni


Il caso di Cerreto ha acceso l’attenzione sulla misura del braccialetto. «È servito alla legge solo per lavarsene le mani e sentirsi di aver svolto il lavoro» le parole social della 16enne che era in casa al momento del delitto. «Non è uno strumento che funziona, così come non ha alcuna efficacia una misura del divieto di avvicinamento con una distanza esigua come i 200 metri. Non si farebbe neanche in tempo a chiedere aiuto» dice Giuseppina Tobaldi, presidente dell’associazione Artemisia. 
 

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