I cent'anni di Cesare a Monte Urano, l'ultimo reduce della guerra: «Ricordo ancora quegli 11 commilitoni uccisi»

I cent'anni di Cesare a Monte Urano, l'ultimo reduce della guerra: «Ricordo ancora quegli 11 commilitoni uccisi»
I cent'anni di Cesare a Monte Urano, l'ultimo reduce della guerra: «Ricordo ancora quegli 11 commilitoni uccisi»
di Massimiliano Viti
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Venerdì 3 Novembre 2023, 03:45 - Ultimo aggiornamento: 4 Novembre, 10:06

MONTE URANO - Il terribile ricordo della guerra. Ma anche la trasformazione di Monte Urano da borgo prevalentemente agricolo a paese industriale, con il boom della calzatura. Sono i due ricordi più importanti conservati nella mente e nel cuore di Cesare Formentini, 100 anni. Secondo l’associazione Combattenti e reduci di Monte Urano, Cesare è l’unico reduce ancora in vita del centro calzaturiero.


Il confronto


«Nostro padre ci ha sempre parlato poco della guerra.

La riteneva un’esperienza da non raccontare», esordiscono i suoi tre figli Angela, Patrizia e Bruno. Tranne un unico episodio che lo ha sconvolto. Nel 1943, un gruppetto di soldati italiani cercò di sfuggire ai tedeschi, che si stavano ritirando verso il Nord dell’Italia. Cesare riuscì a nascondersi. Quando sentì che attorno a lui la situazione era tranquilla, uscì dal suo nascondiglio e vide 11 corpi riversi a terra. Senza vita. Erano quelli dei suoi compagni che, evidentemente, non riuscirono ad evitare la vendetta dei tedeschi. Cesare ricorda anche il ritorno a piedi da Ascoli. E sottolinea come fosse stato fortunato ad aver combattuto vicino casa. Mentre altri suoi compaesani furono spediti molto più lontano. Cesare è cresciuto in una tipica famiglia contadina e patriarcale con 5 figli, 3 maschi (lui era il più piccolo) e 2 femmine.


Il peso


Oltre alla dedizione al lavoro, dai genitori ha imparato ad essere onesto, giusto, e ad attribuire il giusto valore alle cose. Valori che poi Cesare ha trasmesso ai suoi figli. Ha lavorato come mezzadro fino all’età di 50 anni. Poi Monte Urano si è trasformato in un centro di produzione calzaturiera per cui il lavoro in fabbrica era diventato più redditizio rispetto alla mezzadria. «La terra: tanto lavoro ma poca resa. Si guadagnava di più lavorando in fabbrica» ricorda Cesare, che fu assunto dallo scatolificio guidato da Remo Gallucci. E non cambiò mai datore di lavoro fino alla pensione. Ma le scatole non gli hanno mai impedito di continuare a lavorare la terra. «D’estate si svegliava alle 4. Prima andava a lavorare nei campi e poi alle 8 andava allo scatolificio» ricordano i tre figli. Cesare non ha mai lasciato la sua amata terra. Non solo non ha mai abbandonato Monte Urano ma ha coltivato l’orto fino alla soglia dei 95 anni di età. Fino a quando le forze glielo hanno consentito. Tra i suoi ricordi anche la prima notte di nozze. Dopo la festa che si era svolta nella casa dove abitava insieme a fratelli e cugini, la mattina all’alba sentì bussare alla porta. Era il fratello maggiore che lo richiamava ai suoi doveri di contadino.


Lo svago


«Cesare è sempre stato dedito al lavoro. Era al primo posto dei suoi pensieri. L’unico svago che aveva fino a pochi anni fa era la partita a carte, al bar, la domenica. Ci teneva tantissimo» raccontano i figli. Ma il loro ricordo più importante è un altro: «Babbo non ci hai mai sfiorato con un dito. Gli bastava uno sguardo per farsi rispettare. Con noi e con gli altri è sempre stato gentile e di poche parole. Ma quelle giuste».

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