Nel 2020, a seguito degli effetti economici negativi della pandemia da Covid-19, il numero di imprese marchigiane è diminuito (-0,8 per cento annuo; -0,3 per cento trimestrale a dicembre), come riscontrato da Movimprese di Infocamere, facendo registrare la seconda peggior performance tra le regioni italiane, dopo il Molise (-1,0 per cento annuo a fronte di un +0,2 per cento annuo nazionale). Tale riduzione ha riguardato quasi tutte le province della regione (-1,3 per cento annuo e -0,5 per cento trimestrale Ancona; -0,7 per cento annuo e -0,5 per cento trimestrale Pesaro-Urbino; -1,2 per cento annuo e -0,4 per cento trimestrale Macerata; -0,4 per cento annuo e -0,2 per cento trimestrale Fermo), ad esclusione di Ascoli Piceno (+0,2 per cento annuo, +0,0 per cento trimestrale, in linea con il dato nazionale). Da un punto di vista settoriale, sono stati particolarmente colpiti agricoltura, silvicoltura e pesca (-2,2 per cento annuo), attività manifatturiere (-1,6 per cento annuo), commercio all’ingrosso e al dettaglio (-1,6 per cento annuo), trasporto e magazzinaggio (-1,3 per cento annuo) e l’estrazione di minerali da cave e miniere (-1,3 per cento annuo). Hanno registrato invece un miglioramento l’istruzione (+4,6 per cento annuo), i servizi di vigilanza e investigazione (+3,1 per cento annuo), il noleggio, agenzie di viaggio e i servizi di supporto alle imprese (+2,2 per cento annuo) tra cui in particolare i servizi di vigilanza e investigazione (+3,1 per cento annuo), le attività immobiliari (+1,9 per cento annuo). La dinamica del numero di imprese restituisce un’informazione non sempre di univoca leggibilità. Generalmente, nelle fasi positive della congiuntura tende ad anticipare l’attività economica, nelle fasi negative a seguirne l’andamento. Il quadro rappresentato a livello nazionale nel quarto trimestre del 2020 sembra delineare una generale tenuta delle imprese attive totali, piuttosto omogenea tra regioni e settori, ma fondata su un carattere pericolosamente temporaneo, se si considerano la rilevante crescita dell’indebitamento bancario delle imprese operanti nei settori dell’industria e dei servizi (come messo in evidenza nella nota del Centro Studi Confindustria “Debito e oneri finanziari molto pesanti nei settori di industria e servizi a causa della pandemia” di gennaio 2021), e l’effetto combinato dei trattamenti di integrazione salariale ordinaria con causale Covid-19, il blocco dei licenziamenti (entrambi con scadenza marzo 2021) e la moratoria straordinaria sui mutui e sui leasing delle micro, piccole e medie imprese (in scadenza a giugno 2021) che finora hanno sostenuto migliaia di operatori.
*Docente di Economia e Finanza alla Luiss-Guido Carli di Roma
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