La civiltà del dialogo sparita dall’orizzonte

La civiltà del dialogo sparita dall’orizzonte

di Don Aldo Bonaiuto
3 Minuti di Lettura
Domenica 2 Febbraio 2020, 10:47
Il Signore si commuoveva di fronte al disorientamento popolare che, in epoche come quella attuale, fa assomigliare la massa a un gregge privo di pastori, maestri, educatori, sia in ambito civile che religioso. Vediamo quanta fatica devono fare addirittura i Pontefici dell’ultimo secolo per permettere che la loro voce giunga alla gente, sempre più distratta e ripiegata autoreferenzialmente su se stessa. A maggior ragione, senza modelli, progetti e visuali condivise non si può manifestare un piano di miglioramento collettivo. Se non si ha chiaro dentro di sé un elevato obiettivo ideale non si può certo indicare al prossimo un fine da raggiungere congiuntamente. Seneca, due millenni fa, aveva spiegato che neppure il vento favorevole può aiutare il marinaio che non sa dove andare. Lo smarrimento sociale, politico e ideale che caratterizza le odierne forme di mobilitazione pubblica fa emergere in tutta la sua drammaticità il deficit di significato dei movimenti che non riescono a presentarsi in maniera compiuta ma, per esistere, devono sempre contrapporsi a qualcun altro. Al di là del dovuto rispetto per le procedure democratiche, le tanto attese elezioni regionali in Emilia-Romagna e Calabria testimoniano soprattutto una grave perdita: la civiltà del dialogo. Concorrere a guidare il governo di una Nazione o di una amministrazione locale non equivale ad acquistare un biglietto della lotteria. Il premio finale non è un tesoro di cui poter usufruire ma è un cumulo di responsabilità al quale corrispondere. Per questo, da prete di strada, posso testimoniare che tra gli elettori di ogni schieramento non ho respirato alcuna atmosfera di vera gratificazione, come se affiorasse tra la gente la consapevolezza delle ferite provocate dall’ennesima campagna elettorale lacerante. In Italia, lo sappiamo bene, c’è sempre qualche appuntamento alle urne che, ai vari livelli, divide l’opinione pubblica e infiamma il dibattito politico. L’effetto è quello sconfortante di constatare la presenza di un corpo sociale spezzato in due. Sono davvero pericolosi, inoltre, quei personaggi la cui unica ideologia è gettare la croce, a destra come a sinistra, su chiunque si proponga di affrontare croniche situazioni di burocratica paralisi. Gli scienziati conoscono il fantomatico impedimento alle scoperte: si pensa che una cosa sia impossibile da fare finché qualcuno, non sapendo quanto sia complicato agire, trova la soluzione, trasformando l’impossibile in possibile. Lo statista è questo: un sognatore con i piedi ben piantati per terra, capace di guardare all’interesse delle generazioni piuttosto che al tornaconto del momento. Il fatto che nelle varie denominazioni partitiche si faccia collezione di fuoriusciti e “scappati di casa”, lascia intendere che l’identità e la riconoscibilità della classe dirigente attuale è sempre più in crisi. “La politica – ha osservato Papa Francesco nella Giornata mondiale della pace – è un veicolo fondamentale per costruire la cittadinanza e le opere dell’uomo, ma quando, da coloro che la esercitano, non è vissuta come servizio alla collettività umana, può diventare strumento di oppressione, di emarginazione e persino di distruzione”. Noi adulti dovremo rispondere un giorno della nostra incapacità di trasmettere ai giovani il senso della storia. Non sappiamo insegnare a dire “noi”, e a contestualizzare ciò che si sta verificando ora, nell’alveo di un flusso temporale che ci ricolleghi alle nostre radici più profonde e nobili. Invece di nasconderci dietro le lacune delle nuove generazioni, dovremmo tutti fare mea culpa per l’ingovernabilità, politica e morale, di un Paese che lungo i secoli è stato sinonimo di cultura e civiltà nel mondo intero, e che oggi è deriso e sottovalutato. Senza coscienza del passato, non si ha futuro. Che fine hanno fatto i valori, le idee, i pensatori, gli artisti che hanno dato lustro ad un popolo che in un biennio ha potuto celebrare il cinquecentesimo anniversario dei due più grandi geni pittorici del sapere universale (Leonardo e Raffaello)? Chissà se davanti agli smartphone, gli italiani 2.0 sono ancora capaci di ricordare chi sono stati e chi rischiano di non essere mai più.

*Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII
© RIPRODUZIONE RISERVATA