Corsa all’oro e danni all’ambiente: 20 tonnellate d’acqua per una fede

Corsa all’oro e danni all’ambiente: 20 tonnellate d’acqua per una fede

di Francesco Regoli
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Sabato 6 Aprile 2024, 04:30

La figura del cercatore d’oro forse evoca ancora in alcuni un immaginario di vita avventurosa come quello reso celebre dai romanzi di Jack London che con Zanna Bianca e il Richiamo della Foresta hanno contribuito a raccontarci l’epopea della corsa all’oro nel Klondike e nello Yukon. In quell’immaginario non così lontano, la dura vita del cercatore d’oro era in qualche modo nobilitata dalla lotta per la sopravvivenza in un clima estremo, dai solidi rapporti di amicizia tra uomini e cani, dai racconti e le storie di vita che spesso si tramandavano nei saloon. Il desiderio dell’uomo per l’oro è sempre esistito e oggi si estraggono annualmente 3000 tonnellate di metallo, destinati per oltre tre quarti alla creazione di gioielli, monete e lingotti, che nella nostra economia conferiscono all’oro il valore di bene rifugio soprattutto in periodi di crisi o di instabilità politica.

Quello che oggi è drammaticamente cambiato è la consapevolezza che l’estrazione di quantità tutto sommato limitate di questo metallo può provocare effetti disastrosi sull’ambiente e sull’uomo. Migliaia di ettari di foreste sono state disboscati con conseguenze irreparabili per ecosistemi particolarmente fragili come quelli della foresta amazzonica in Brasile e in Perù. Per estrarre 1 Kg di oro vengono prodotte fino a 100 tonnellate di roccia da scarto con un’erosione del suolo che lascia enormi superfici senza copertura vegetale, particolarmente vulnerabili alle piogge e agli eventi di scioglimento della neve che trasportano grandi quantità di sedimenti nei corsi d'acqua circostanti. Uno degli impatti più significativi del processo di estrazione e separazione dell’oro dagli altri minerali riguarda l’utilizzo di un enorme quantitativo d’acqua e la sua contaminazione con sostanze chimiche come mercurio e cianuro; oltre 20 tonnellate d’acqua possono servire per estrarre il metallo necessario ad una fede nuziale.

minatori usano il mercurio perché si combina con l’oro formando un amalgama denso che precipita sul fondo e che viene facilmente isolato. A questo punto con il calore, ad esempio quello di una fiamma ossidrica, è facile separare l’oro dall’amalgama perché il mercurio evapora rapidamente nell’atmosfera, da cui però ricade andando a contaminare acque e suoli. Complessivamente i volumi di mercurio rilasciato nell’ambiente sono sorprendenti se si considera che occorrono quasi 2 kg di mercurio per estrarre 1 kg oro attraverso l’amalgama. E una volta finito negli ecosistemi acquatici, il mercurio viene convertito dai batteri in una forma chimica ancora più tossica, il metilmercurio che si trasferisce facilmente lungo la catena alimentare, rappresentando un grave rischio per i grandi predatori e per l’uomo: nella sola Amazzonia peruviana dove vivono numerose popolazioni indigene, l’estrazione dell’oro causa ogni anno il rilascio di circa 30 tonnellate di mercurio nei fiumi e nei laghi, dove i livelli di questo elemento sono fino a 34 volte superiori ai limiti di sicurezza.

Come spesso accade, il degrado ambientale si accompagna con la violazione dei diritti umani.

Secondo l’UNEP l’estrazione dell’oro causa circa il 40% di tutte le emissioni di mercurio a livello globale, con oltre 2000 tonnellate rilasciate ogni anno dalle miniere più piccole, dislocate soprattutto in Sud America, Asia orientale e sudorientale ed Africa subsahariana. Alcune di queste miniere sono dei veri e propri gironi danteschi come la tristemente famosa La Rinconada sulle Ande Peruviane, dove eserciti di minatori migranti si concentrano e, con metodi estrattivi rudimentali, inquinanti e senza controlli, producono circa il 25% dell’oro mondiale. Secondo l’UNEP sono tra i 10 e 15 milioni i minatori migranti e le loro famiglie che soffrono dei danni alla salute causati dall’esposizione cronica al mercurio, un potente neurotossico che provoca effetti irreversibili sul sistema nervoso, colpisce il fegato, la tiroide e il sistema immunitario, ed è particolarmente pericoloso per le donne in gravidanza in quanto può causare malformazioni congenite e danni allo sviluppo del feto.

Ma esiste una soluzione all’impatto dovuto all’estrazione dell’oro o potremmo mai rinunciare a questo metallo? La risposta alla seconda domanda sembra essere no, visto che è di qualche giorno fa la notizia che la quotazione dell’oro ha raggiunto un nuovo record, complice la delicata situazione geopolitica e le preoccupazioni del conflitto tra Israele e Hamas. Tuttavia, secondo un recente studio dell’Università di Oxford, il connubio tra economia e ambiente può offrire alcune soluzioni interessanti. Sebbene questo metallo sia già uno dei più riciclati, la percentuale di riutilizzo dell’oro già in circolazione potrebbe facilmente aumentare dal 25 al 50% abbattendo di oltre il 90% l’impatto dell’estrazione sporca: il tutto senza intaccare il suo ruolo nell’economia mondiale, o il suo utilizzo nelle attività bancarie, nella tecnologia, nell’industria, in campo medico e in quello della gioielleria.

Ma accanto a questo c’è anche un altro modello di business che sta avanzando, quello della certificazione dell’oro etico, prodotto cioè attraverso una serie di rigidi standard ambientali, sociali ed economici che devono essere rispettati e che prevedono tecniche di estrazione a basso impatto ambientale, tracciabilità di tutti i processi e accordi con le comunità locali per minimizzare gli impatti sociali ed economici dell'estrazione dell'oro.

Alcune aziende (come Apple e grandi marchi della gioielleria) stanno già adottando un approvvigionamento basato interamente su oro riciclato o oro etico … ma affinché tutto questo abbia effetto, dobbiamo anche noi cominciare a pensare che non tutto l’oro luccica.

* Direttore del Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente

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