Scarseggia il cibo per il Mosciolo? Stress da clima e colpe dell’uomo

Scarseggia il cibo per il Mosciolo? Stress da clima e colpe dell’uomo

di Roberto Danovaro
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Giovedì 1 Settembre 2022, 05:55

È di pochi giorni fa la notizia che la Cooperativa Pescatori di Portonovo ha interrotto la fornitura ai canali della ristorazione e dell’ingrosso delle cozze selvatiche di Portonovo, il noto “Mosciolo” oggetto anche di un presidio di Slow Food. Continuerà solo la vendita al pubblico, che ha un mercato molto più ridotto. La decisione è stata presa per salvaguardare la sostenibilità delle attività di pesca ed evitare di compromettere la possibilità di rigenerazione della popolazione di cozze più famosa d’Italia.

Ma per capire cosa sta succedendo è necessario fare il punto della situazione dell’ambiente in cui vive il “Mosciolo” selvatico. Si tratta di una cozza che, a differenza di quelle allevate, cresce in modo naturale sulle rocce e sui fondali della baia. Benché sia una specie tra le più conosciute e consumate in cucina, conosciamo ancora poco sulla biologia della cozza in ambiente naturale, dove è soggetta a variazioni stagionali molto forti, periodi riproduttivi molto variabili e risente delle diverse condizioni climatiche ed ecologiche che caratterizzano l’ambiente in cui vive. Circa dieci anni fa, la Cooperativa Pescatori di Portonovo aveva richiesto all’Università Politecnica delle Marche di studiare il motivo della progressiva riduzione del reclutamento del mosciolo osservata nell’arco del precedente decennio. All’epoca la causa che appariva essere più preoccupante era la pesca con turbosoffianti, poiché le vongolare avvicinandosi illegalmente troppo alla costa risospendevano i sedimenti dal fondale. Questi coprendo le rocce le rendevano “non riconoscibili” alle larve di cozza che cercavano la roccia per insediarvisi.

Evitare la pesca illegale delle turbosoffianti era la soluzione al problema. Oggi le ragioni appaiono potenzialmente diverse. Dovranno essere oggetto di nuove ricerche ma si possono fare alcune ipotesi. Certamente le ridotte precipitazioni atmosferiche hanno diminuito fortemente la produzione di cibo per le cozze, ovvero di fitoplancton che dipende dall’apporto di nutrienti che vengono da costa. Inoltre, le temperature medie del mare che hanno raggiunto massimi storici certamente possono aver aumentato il loro livello di stress.

Questi fattori combinati possono aver determinato un basso accrescimento del Mosciolo selvatico che stenta a raggiungere le dimensioni minime per essere commercializzato. Del resto, dove l’acqua è particolarmente trasparente e cristallina, come in molte parti della Grecia, le cozze non ci sono perché hanno bisogno di tanto cibo in sospensione per nutrirsi. Il Mosciolo si sta rivelando essere quindi una preziosa sentinella della “tropicalizzazione” del Mediterraneo. I cambiamenti climatici stanno rendendo i nostri mari sempre più caldi e trasparenti (ovvero privi di produzione e di plancton). A farne le spese è il nostro Mosciolo unitamente alle previsioni del futuro pescato, che potrebbe diminuire ulteriormente nei prossimi anni se la tendenza di diminuzione della produzione del Mar Adriatico dovesse continuare. Esistono soluzioni? Difficile dare una risposta.

Certamente non possiamo fertilizzare artificialmente il mare. Esistono posti dove allevano le cozze in prossimità degli scarichi fognari per farle crescere “belle grasse”, perché più materia organica hanno a disposizione e più crescono. Certamente questo non è il caso del pregiato Mosciolo di Portonovo. Dovremo quindi adattarci rapidamente e trovare soluzioni alternative come azioni di manutenzione dei fondali che ospitano le cozze o la creazione di nuovi substrati naturali per aumentare il loro reclutamento. Lasciando poi che le cozze selvatiche continuino a cibarsi e crescere in modo naturale, arricchendosi di omega 3 e altri oligoelementi dall’elevatissimo valore nutrizionale. Altrimenti, nel tempo, questa meravigliosa risorsa culinaria potrebbe ulteriormente diminuire, tra alti e bassi, annate buone e meno buone. Esattamente come sta avvenendo anche per il vino. Sperando che nel frattempo la transizione ecologica, la protezione del mare e una politica diversa ci restituiscano la speranza di poter godere ancora di questi straordinari frutti della natura.

* Docente all’Università Politecnica delle Marche e presidente della Stazione zoologica-Istituto nazionale
di biologia, ecologia e biotecnologie marine

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