Stop dal Senato all'abolizione
delle agevolazioni postali per i partiti

Stop dal Senato all'abolizione delle agevolazioni postali per i partiti
di Camilla Conti
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Mercoledì 14 Maggio 2014, 13:12 - Ultimo aggiornamento: 13:16
ROMA - Il Senato non ci sta a cancellare le agevolazioni postali per la propaganda politica, che Matteo Renzi ha recentemente abrogato a partire dal 1 luglio, quindi post-elezioni europee. DL Bonus Irpef.

In una recente seduta la Commissione lavori pubblici del Senato ha avviato l'esame in sede consultiva delle misure urgenti presentate dal premier Renzi e dal Tesoro per la competitività e la giustizia sociale con l'illustrazione del testo da parte del relatore Lionello Marco Pagnoncelli (FI -Pdl). Durante la discussione è intervenuto il presidente della Commissione Altero Matteoli (FI-PdL) in merito alla disposizione dell'articolo 18 che si riferisce alla soppressione delle agevolazioni postali per l'invio delle comunicazioni elettorali.



Secondo Matteoli, la nuova norma “è eccessivamente penalizzante, in quanto elimina un mezzo semplice ed economico che consente ai candidati di far conoscere i propri programmi raggiungendo una vasta platea di elettori”. Il risultato sarebbe quindi quello di aumentare i costi delle campagne elettorali e di operare una ingiusta discriminazione soprattutto nei confronti dei partiti o candidati meno consolidati.



Le perplessità sulla mossa di Renzi sono bipartisan. Nel corso della stessa seduta, infatti, anche il senatore Daniele Borioli del Pd ha concordato con Matteoli sottolineando che la soppressione delle tariffe postali agevolate, oltre ad aumentare i costi delle campagne elettorali, pregiudicherebbe la possibilità di ricorrere al mezzo postale per l'invio delle comunicazioni, impedendo così di raggiungere alcune fasce della popolazione più legate ai mezzi di comunicazione tradizionali, a danno sia dei candidati che degli elettori. L’obiettivo è dunque quello di chiedere la soppressione della nuova norma.



I contrasti sulle agevolazioni si aggiungono alle difficoltà che sta incontrando il progetto di quotazione in Borsa di Poste. La convenzione con la Cassa Depositi e Prestiti, che vale qualcosa come 1,6 miliardi l'anno, doveva essere rinnovata per cinque anni ma invece si è optato per un rinnovo tacito per altri 12 mesi. Ci sarebbero poi le preoccupazioni per una recente sentenza della Corte di giustizia europea che ha ritenuto un aiuto di Stato illegittimo la garanzia fornita implicitamente dal governo di Parigi sui libretti e i conti correnti di La Poste, l'equivalente francese delle Poste italiane.



Ecco perché mentre si allontana l’obiettivo di portare le Poste in Borsa entro fine anno, sarebbe già pronto un Piano B: cedere a fermo una quota di Poste alla Cdp, lasciando poi a quest'ultima, in una fase successiva, il compito di collocare in Borsa il pacchetto.