Giovanni Tamburi: «Da Alpitour a Ovs, Tip si prepara a grandi operazioni da un miliardo»

Fondatore e amministratore delegato della società che investe in oltre 30 aziende tra cui Prysmian, Moncler, Ovs, Alpitour e Amplifon

Giovanni Tamburi: «Da Alpitour a Ovs, Tip si prepara a grandi operazioni da un miliardo»
di Rosario Dimito
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Mercoledì 1 Novembre 2023, 16:07 - Ultimo aggiornamento: 2 Novembre, 08:09

È il primo investitore privato italiano, ha iniziato nel 1977 prima in Bastogi poi in Euromobiliare per mettersi in proprio dal 1991.

E da allora Giovanni Tamburi ha investito circa sette miliardi, inanellando quasi tutti successi. Oggi ha direttamente (tramite Tip, quotata in Borsa) e non (attraverso club deal) partecipazioni per quasi sei miliardi. Indipendente dai centri di potere economici e politici, la fama di una persona perbene, pulita e trasparente, è l’uomo giusto per parlare dell’attuale momento dei mercati, della congiuntura e da «inguaribile ottimista» come si autodefinisce, pronosticare il futuro.

Può spiegarci come mai i mercati scendono da settimane, il pericolo di recessione si allontana, che succede?

«Le borse salgono quando i tassi scendono e viceversa. Si deve aspettare qualche settimana per capire meglio dove andranno i tassi; di certo i livelli attuali non scenderanno di molto; sono strutturali, non temporanei».

La recente guerra quindi, non c’entra nulla?

«Non penso, se resta circoscritta. È chiaro che il blocco di Israele peserà su molte aziende, ma non credo sia un detonatore tale da giustificare questo ribasso. In luglio nessuno pensava ad una guerra, eppure la svolta è iniziata lì. Se poi il conflitto dovesse allargarsi tutto ne risentirà. Ma a quel punto avremmo altri problemi».

E l’inflazione?

«Il trend dell’inflazione è fondamentale per le decisioni sui tassi, sono due facce della stessa medaglia. Ma al mercato interessano i tassi. Per ora Fed e Bce hanno sospeso gli aumenti, ma nelle spiegazioni continuano a minacciare di aumentarli. Finora i falchi hanno ad ogni costo voluto dimostrare il loro potere, e quell’atteggiamento ha disturbato i trend che si stavano determinando, ha indebolito l’economia reale. Poi hanno dato la netta impressione di essere indecise, divise al loro interno, criticabilissime».

Pensa sia il momento in cui le banche centrali dovrebbero ridurre il costo del denaro?

«Non è questo il punto, tant’è che da qualche giorno siamo tra color che son sospesi. Le banche centrali dovrebbero invece far capire che hanno capito bene i confini tra raffreddamento dell’inflazione e i trend dell’economia, poi valutare bene tutte le conseguenze delle loro decisioni. Prima hanno sbagliato ad abbassar troppo i tassi e più ancora a tenerli a lungo troppo bassi. Ora stanno facendo lo stesso errore, all’inverso. Per fortuna il Pil di tanti Paesi sorprende in positivo da mesi, perché la domanda continua ad esserci».

Parliamo di imprese e di economia reale. Riesce a darci un quadro di come stiano andando le aziende italiane?

«C’è un po’ di rallentamento degli ordini, peraltro per me sano e fisiologico, ma di base le aziende continuano ad andare bene. I rincari delle materie prime, dell’energia e della logistica che tanto allarmavano sono stati riassorbiti. Le supply chain di molte imprese erano sotto stress perché, prima, tutti avevano destoccato. Infatti gli analisti che vedono guai ad ogni trimestre si continuano a pentire di essere stati troppo negativi».

C’è un rallentamento legato alla Cina?

«La Cina ha trainato il mondo per vent’anni e tra Covid e situazione politica ha frenato. Tale frenata incide molto, però crescono sempre al 5% ed è un 5 che in termini assoluti pesa tantissimo, dopo tanti anni di accumuli. Il dato di pochi giorni fa sulla crescita al 4,5% contro stime del 4,1% può essere un segnale di svolta, ma nessuno è veramente in grado di capire cosa faranno. Comunque l’India sta accelerando, come vari altri Paesi asiatici. Per cui il trend resta positivo, anche se in tanti preferiscono dimenticarlo. Chi ricorda che le varie crisi finanziarie (Torri gemelle, Lehman, subprime, lo stesso Covid) sono oggi dei piccoli dentini nei grafici del Pil e dei mercati a medio o lungo termine?».

Cosa vede nei rapporti tra aziende e mercati? Le Ipo languono, i fondi di private equity raccolgono meno e investono molto meno, l’M&A sta rallentando a livello globale.

«Verissimo.

Le Ipo scarseggiano ovunque, non solo in Italia. Ma vedrà che sarà un fenomeno temporaneo perché le imprese non possono continuare a non raccogliere denaro nel miglior modo che il sistema finanziario abbia inventato, cioè tramite le borse. Poi ha detto bene, i fondi di private equity raccolgono meno e non sono già più quei concorrenti delle Ipo e dell’M&A che si sono visti negli ultimi 15 anni, quando offrivano cifre altissime. Quel mondo ha prosperato più per l’aumento dei multipli che per il miglioramento degli utili. Oggi i multipli scendono e molti valori nei portafogli di quei fondi stanno calando. Se poi si è fatta molta leva, rifinanziarla è costosissimo, infatti si stanno già ridimensionando i rendimenti attesi dagli investitori».

Lei che ha un buon osservatorio, vuole dire che nelle oltre 30 aziende in cui ha investito, le varie Prysmian, Interpump, Amplifon, Moncler, Alpitour, Ovs, Sesa, Beta e tante altre, non ci sono debiti e, più che altro, non ha preoccupazioni?

«Per noi una condizione di base, per entrare o stare in una società, è un basso livello dei debiti. Tip è riuscita a dare rendimenti nell’ordine del 40% medio annuo perché ha creato valore nelle partecipate facendole investire molto, cose che non fai se hai tanti debiti. Quando serve promuoviamo aumenti di capitale, come con Ovs, Alpitour, Italian Design Brands».

A proposito di Alpitour, a che punto siete con la valorizzazione?

«Goldman Sachs ha inviato il teaser a numerose controparti, esiste un forte interesse di molti operatori industriali americani, asiatici oltre che europei e anche di qualche finanziario. Speriamo di concludere nei primi mesi del 2024».

Reinvestirete come fate di solito, vedi Guzzini, BE ed altre?

«Speriamo di sì, dipende dal partner, Alpitour è un’eccellenza nazionale ed un unicum».

Quanto avete investito fino ad ora e che potenza di fuoco avete?

«Il valore dell’investito ad oggi è di circa 3 miliardi diretti, più altri 3 miliardi dei soci dei nostri club deal. Tra Asset Italia, Itaca e le liquidità esistenti o ricavabili dall’attività Tip avremmo a disposizione un altro miliardo. Più tutti i soldi che possono investire le società partecipate».

In che settori?

«I soliti, meccanica, tecnologia, brand e retail».

Vedete molte opportunità nel prossimo futuro?

«La nostra priorità è far crescere le partecipate per generare sinergie e rafforzarne gli assetti, commerciali o produttivi. Per cui ogni soldo utile, oltre le disponibilità nei loro bilanci, è sempre pronto. Il 2024 potrebbe essere un anno ricco di opportunità, sia per la minor baldanza di alcuni fondi di private equity, sia per l’avvicinarsi dei rimborsi dei finanziamenti con garanzia Sace erogati post Covid».

E dove vede le preoccupazioni?

«Stiamo sprecando risorse del PNRR. È un’occasione unica per dare spinte a settori, agevolare la digitalizzazione, disporre di risorse mancate per decenni, recuperare quella produttività che da troppo tempo non abbiamo. Spero di sbagliare».

Per finire, che consiglio dà ai risparmiatori, sempre più guardinghi?

«Investire in aziende sane, market leader e poco indebitate. La nostra borsa ne ha tante ed anche eticamente partecipare alla loro crescita è bello, appagante, ha pochi rischi. Abbiamo, in proporzione al Pil, uno dei mercati borsistici più poveri al mondo, ma anche un grande stock di risparmi. Mettiamoli a frutto con le imprese che - alla fine - con il loro valore aggiunto, ci pagano lo stipendio».

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