Ruby, pm: un bordello per il premier
Chiesto giudizio per Fede, Mora e Minetti

Chiara Danese (a destra) con l'avvocato Patrizia Bugnano (foto Matteo bazzi - Ansa)
Chiara Danese (a destra) con l'avvocato Patrizia Bugnano (foto Matteo bazzi - Ansa)
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Lunedì 27 Giugno 2011, 11:33 - Ultimo aggiornamento: 27 Luglio, 22:01
ROMA - Il procuratore aggiunto Pietro Forno e il pm Antonio Sangermano, nel corso dell'udienza preliminare iniziata stamani, hanno chiesto al gup Maria Grazia Domanico di rinviare a giudizio Lele Mora, Nicole Minetti e Emilio Fede imputati per il caso Ruby con l'accusa di induzione e favoreggiamento della prostituzione.



Pm: un sistema per fornire prostitute. «Abbiamo parlato di un sistema strutturato per fornire ragazze disponibile a prostituirsi», hanno dichiarato i pm. Nella loro ricostruzione i magistrati hanno sottolineato che il sistema si articolava su tre ruoli: un arruolatore e cioè Lele Mora, un fidelizzatore (Emilio Fede) che doveva valutare l’affidabilità della persona e un’organizzatore economico-logistico (Nicole Minetti). Per altro la Minetti, in qualche modo, secondo l’accusa, si è attribuita questo ruolo in una telefonata con l’amica M.T.. Quanto a Fede, secondo i due pm, aveva il compito di valutare le ragazze, la loro riservatezza, la disponibilità a fare sesso, e l’adattabilità alle personali esigenze che nascevano.



Un bordello per compiacere il premier. Forno e Sangermano, nel loro intervento per ribadire la richiesta di processo per Mora, Fede e Minetti hanno parlato di un «bordello» riferendosi a un «sistema per compiacere Silvio Berlusconi».



I due magistrati hanno spiegato davanti al gup che l’attività di induzione e favoreggiamento della prostituzione da parte dei tre imputati per i presunti festini a luci rosse ad Arcore era un «sistema non occasionale» e «ben organizzato per compiacere Silvio Berlusconi». I due pm hanno dunque utilizzato anche la parola «bordello» per descrivere il sistema dei presunti festini hard nella villa del premier. Secondo i pm, era Nicole Minetti ad amministrare il «bordello».



I distinguo sul bordello. «Non ho mai detto che Arcore era un bordello. Il termine bordello è stato utilizzato come riferimento storico alla divisione dei compiti prevista dalla legge Merlin che, come noto, prevedeva la soppressione delle case chiuse», ha precisato in serata Forno.



Mortificata la dignità femminile. Il «sistema» dei presunti festini a luci rosse ad Arcore, organizzato da Mora, Fede e Minetti, si avvaleva della «mercificazione della fisicità della donna» e della «mortificazione della dignità femminile», aveevano sotolineato ancora i pm nel loro intervento.



Le due ex miss piemontesi Ambra Battilana e Chiara Danese sono state intanto ammesse come parti civili all'udienza preliminare. Chiara Danese era presente nell'aula al settimo piano del palazzo di Giustizia di Milano dove stamani si è svolta l'udienza preliminare. Assenti invece gli imputati. «Sono contenta, speriamo vada tutto bene», sono le uniche parole pronunciate dalla 19enne. Chiara si è presentata questa mattina in aula per seguire l'udienza. Viso da ragazzina, capelli lunghi raccolti in una coda di cavallo, occhiali da vista anni Cinquanta, camicia rosa con rouches, blue jeans, golf, ballerine bianche e unghie laccate di rosso, Chiara, che ha ammesso di essere timida, è sempre stata affiancata da suoi due legali per tutto il tempo.



Nella richiesta di costituzione di parte civile ammessa dal gup e presentata dai legali delle due ragazze oggi all'udienza preliminare si legge che Ambra e Chiara hanno «subito un danno non patrimoniale costituito dalla profonda ed enorme sofferenza subita» per essere state considerate al pari di meretrici e quindi di essere state indotte a tale attività facendole partecipare «ad una serata ad Arcore nella dimora di Silvio Berlusconi», dimora che abbandonarono appena si resero conto del reale scopo della partecipazione. La serata in questione è stata quella del 22 agosto 2010.



Inoltre nell'istanza degli avvocati Patrizia Bugnano e Stefano Castrale si chiedono anche i danni patrimoniali dovuti alla «perdita di chance» lavorativa causata dall'essere state considerate delle escort. Quanto a Ruby, parte offesa nel procedimento, al momento non è stata presentata alcuna richiesta di costituzione di parte civile. Il suo legale, l'avvocato Egidio Verzini all'inizio dell'udienza ha precisato di stare valutando le carte per un'eventuale richiesta.



Il gup, nell'ordinanza con la quale ha ammesso Chiara e Ambra come parti civili, ha spiegato, da quanto si è saputo, che le ragazze hanno diritto ad "entrare" nel procedimento perché è possibile che abbiano subito un danno all'immagine dal fatto di essere state associate alla presunta induzione alla prostituzione per le serate ad Arcore. Il gup ha spiegato che il reato di induzione alla prostituzione, previsto dalla legge Merlin, si è evoluto nel tempo e dunque non è più solo un reato contro la morale pubblica, ma può danneggiare anche le persone fisiche e la loro immagine. «Il danno - hanno spiegato i legali delle due ragazze - sta nei comportamenti degli imputati che hanno portato le ragazze ad essere associate a ruoli che non hanno mai avuto».



Le difese si erano opposte alla costituzione di parte civile perché, come ha spiegato l'avvocato Nicola Avanzi, uno dei difensori di Mora, manca la legittimazione attiva delle due giovani a essere parti civili «perché non sono state indicate nemmeno come parti offese». Inoltre, ha aggiunto l'avvocato, «non hanno subito alcun danno». L'avvocato Nadia Lecci, che assiste Emilio Fede, ha precisato che le due ragazze si sono costituite lamentando un danno di immagine «ma l'induzione e il favoreggiamento della prostituzione che viene contestato è un reato contro la morale pubblica». Il gup Maria Grazia Domanico si è ritirata in camera di consiglio per decidere sulla richiesta di Ambra e Chiara.


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