Filippo Turetta, cosa può dire lo psicologo ai magistrati? Tra segreto professionale ed eccezioni

Il punto con la psicologa Anna Maria Giannini

Filippo Turetta, cosa ha detto lo psicologo ai magistrati: tra segreto professionale ed eccezioni
Filippo Turetta, cosa ha detto lo psicologo ai magistrati: tra segreto professionale ed eccezioni
di Alessandro Rosi
5 Minuti di Lettura
Martedì 12 Dicembre 2023, 22:50 - Ultimo aggiornamento: 14 Dicembre, 05:05

Cosa ha detto Filippo Turetta allo psicologo? Può il terapeuta svelare i colloqui avuti con il 22enne che ha ucciso Giulia Cecchettin? «Al magistrato avrà indicato tutti gli elementi utili per capire chiaramente se il delitto era pianificato». È questo quello che può interessare un giudice, come sottolinea la professionista Anna Maria Giannini. Ma ci sono altre domande che si susseguono: «Lo psicoterapeuta sarebbe potuto intervenire? Poteva evitare quanto accaduto». Quesiti che affrontiamo con la Dott.ssa Giannini.

Turetta ha avuto dei colloquio con uno psicologo. Cosa potrà dire agli inquirenti?

Per la professione psicologica il segreto professionale è un punto cardine. La violazione del segreto professionale non solo è punita secondo il codice penale, ma anche dal codice deontologico degli psicologi. Qui si parla chiaramente del segreto che deve essere mantenuto sempre. Ci sono ovviamente delle eccezioni, molto capillari.

Quali?

La violazione del segreto professionale è un'eccezione veramente rara, consentita soltanto in quelle situazioni in cui non violandolo (e quindi mantenendo il segreto professionale) sarebbe a grave rischio qualcuno.

Esempi?

Il paziente mi dice: "Adesso esco e con un'arma vado a uccidere quella persona". Se dovessi rendermi conto che questa non è una fantasia, e che quindi c'è un pericolo, io sono non solo autorizzata a violare il segreto professionale ma anche ad avvisare gli organi competenti perché questa persona venga fermata. Lo stesso nel caso una persona dovesse dire "mi tolgo io la vita". In questo caso dovrei fare ogni cosa perché questa persona non se la tolga.

Cosa deve fare lo psicologo?

Procediamo per gradi. La prima cosa che facciamo è parlare con il paziente e dire: "Guardi che in questo tipo di situazione io purtroppo sono tenuto tenuta a coinvolgere la sua famiglia". Diverso è il caso di riportare a un magistrato, il quale dovesse in qualche modo (ritenendo che io sono entrata in possesso di informazioni utili al processo) e quindi una mia escussione possa essere utile processualmente apre un capitolo diverso. Il giudice può obbligarmi a deporre, a sono situazioni decisamente estreme.

Rispetto al caso Turetta?

Parliamo di sedute fatte con lo psicologo prima che lui la sequestrasse e si allontanasse. Quindi non abbiamo nessuna informazione. C'è chi riteniene che in quelle poche sedute lo psicologo avrebbe potuto capire le intenzionalità criminose del Turetta. Questo va assolutamente sfatato. Poche sedute con lo psicologo servono ad avviare un percorso, aprire una strada di confidenza, stabilire un'alleanza che non è detto nemmeno che avvenga in quelle poche sedute. Se lo psicologo avesse in qualche modo deciso di avviare un percorso o comunque di fare un certo numero di incontri, bisogna vedere qual era l'obiettivo di questi incontri .Magari era proprio per far nascere una consapevolezza del disagio.

Se il collega si fosse reso conto che questo ragazzo potesse manifestare delle intenzioni omicidiarie nei confronti della ragazza, avrebbe fatto qualcosa. Avvrebbe cercato di avvertire le autorità competenti.

Il magistrato può obbligare lo psicologo a deporre?

È teoricamente possibile che un magistrato si orienti per un approfondimento e quindi voglia sentire lo psicologo, in generale. Lo psicologo, a questo punto, deve esaminare congruentemente come rispondere. In altri casi lo psicologo può essere escusso e raccontare ciò che ritiene pertinente in certi margini. Questo sempre nell'ottica della massima conservazione possibile del segreto professionale, perché se le persone dovessero ritenere che semplicemente perché sono sospettate, lo psicologo poi viene obbligato a deporre e quindi a raccontare i fatti loro, nessuno ci andrebbe più.

Verrebbe meno la funzione.

Perché se c'è un rapporto delicato e orientato completamente alla riservatezza e protezione dei dati personali, è proprio quello col medico e con lo psicologo. Lo psicologo entra in possesso di dati super sensibili. Si può sciogliere questo vincolo del segreto professionale soltanto se c'è un pericolo evidente e concreto.

Cosa hanno chiesto gli inquirenti al terapeuta?

Possono avere interesse a sapere quando è andato, quante volte, se ci è andato, se c'è stata o meno una diagnosi. Quello che può interessare un giudice è tutto ciò che gli può dare elementi per capire chiaramente se il delitto era pianificato.

Si leggono tante diagnosi in giro. Ci può aiutare a capire meglio? 

Abbiamo letto che aveva un rapporto ossessivo con Giulia pure lì e si tende in genere molto a usare dei preconcetti e a generalizzare. Tutti stanno dicendo che aveva un rapporto ossessivo con Giulia. Bene, ma un rapporto ossessivo va circostanziato in tanti elementi. Non possiamo dire che era ossessivo perché voleva decidere l'invito per la laurea. Di persone puntigliose ce ne sono molte, ma non tutte uccidono.

Sarebbe potuto intervenire lo psicologo?

In così pochi incontri, non può aver fatto un'analisi approfondita. A meno che la persona non lo riveli o che non sia talmente evidente perché la patologia è manifesta, difficile che si possa rendere conto che una persona possa arrivare a uccidere. Anche dal punto di vista clinico, ci rendiamo conto che una cosa del genere può accadere quando ci sono degli elementi dopo un percorso lungo. È molto importante che non si sviluppi l'idea che basta andare 4-5 volte dallo psicologo, raccontargli che sia è in un rapporto forte e che a quel punto lo psicologo deve denunciare. Perché sennò ci sarebbe un mondo di denunciati.

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