Il papà della fidanzata dell'omicida di Sirolo: «L’avevo detto a mia figlia, quel ragazzo non fa per te». Due paesi sotto choc

Fatah Melloul, il 27enne accusato di aver ucciso Klajdi Bitri
Fatah Melloul, il 27enne accusato di aver ucciso Klajdi Bitri
di Talita Frezzi e Gianluca Fenucci
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Mercoledì 30 Agosto 2023, 02:55 - Ultimo aggiornamento: 31 Agosto, 07:02
MONTECAROTTO «Ma davvero è stato lui? Lo sapevamo che non era il tipo giusto per nostra figlia», hanno riferito i genitori della giovane compagna del killer ai carabinieri che domenica si erano presentati a casa loro a Monte San Vito nell’ambito delle ricerche di Fatah Melloul, poi fermato al mare a Palombina, reduce da una battuta di pesca. Nell’abitazione c’è silenzio, i genitori della ragazza non hanno voglia di parlare. Non vedevano di buon occhio la love story tra la loro figlia e il 27enne italo-algerino con cui era andata a convivere a Jesi. Ma non potevano certo immaginare che potesse trasformarsi in un killer.  


Lo sconcerto


A Monte San Vito la famiglia della 23enne è stimata ma non molto conosciuta. I vicini parlano di persone in gamba, lavoratori. Non sono soliti frequentare i locali della zona. A Montecarotto regna lo stesso sconcerto. Riccardo Mingo, titolare dell’Agorà Caffè, il bar centrale del paese, impegnato anche come dirigente della locale squadra di calcio a 5, è trasalito alla notizia dell’arresto di Melloul. «Quando abitava a Montecarotto era un assiduo cliente, un ragazzo che non ha mai mostrato un’indole violenta e che viveva abbastanza appartato - dice -. Stava spesso con giovani nordafricani, con cui aveva anche condiviso la passione per il calcetto. Nessuno poteva immaginare una cosa del genere». Di Fatah si parla a fatica dopo l’omicidio di Sirolo. In tanti lo conoscono a Montecarotto, ma le parole escono frammentate e seguite da una scia di paura. «Da adolescente aveva combinato qualche guaio in paese, dove abitava con gli 8 fratelli e i genitori (ha altre due sorelle in Algeria, ndr) ma piccole cose - racconta un residente -, tipo un po’ di “erba”, qualche specchietto rotto o panchina vandalizzata insieme ad altri 5-6 ragazzi napoletani, congolesi e algerini che si spalleggiavano tra loro… difficile dire chi era il responsabile».

Non una baby gang strutturata, «ma un gruppetto di bulli che se la credono e rispondono strafottenti solo perché minorenni, ma da lì a pensare che sarebbe arrivato ad ammazzare un ragazzo per strada… assurdo!».

«Ha sempre lavorato seguendo il padre»

Anche perché molti conoscono Fatah come un ragazzo che «ha sempre lavorato, raccogliendo l’esempio di un padre, grandissimo lavoratore, arrivato in Italia dalla Francia, facendo il camionista - dicono in paese -. Un uomo che non ha mai aspettato aiuti: nessuno dei suoi figli, nemmeno quelli con i grilli per la testa, ha percepito il reddito di cittadinanza sperando nel guadagno facile, il padre non lo avrebbe permesso. Stavano in un alloggio popolare, troppo piccolo per tutti, ma mai una lamentela». Fatah si è sempre rimboccato le maniche: 4 anni fa in una cooperativa agricola della Vallesina come bracciante, poi in due aziende tra Montecarotto e Serra de’ Conti come operaio, infine in una ditta di antincendi a Jesi. Appassionato di calcio,aveva giocato in un torneo di calcetto a Montecarotto due anni fa, cercando di integrarsi tramite lo sport. «Si era riscattato dal gruppetto di bulletti che frequentava, quando si è fidanzato con la ragazza di Jesi con cui è andato a vivere - dicono dei conoscenti -. Stavano insieme da 4 anni, era molto innamorato tanto che qualcuno lo sfotteva pure. Oggi appare impossibile quanto accaduto».
 

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