Il professor Mantecchini, Università di Bologna: «È decisivo garantire gli scambi con gli hub. Tutto dipende dai fondi nel bando»

Il professor Mantecchini, Unibo
Il professor Mantecchini, Unibo
di Véronique Angeletti
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Venerdì 8 Marzo 2024, 02:05 - Ultimo aggiornamento: 11:25
Regione Marche giudica inaccettabile l’offerta di SkyAlps di 2 voli di continuità anziché i 10 del bando Enac con la proposta di partire un giorno e di tornare quello dopo. Come si calcola un modello ottimale? Lo abbiamo chiesto al professore Luca Mantecchini, docente di ingegneria dei sistemi di trasporto all’Università di Bologna.
Qual è la frequenza ideale per un volo di continuità territoriale? 
«Dipende dalla domanda, in particolare dalla quantità e dalle sue dinamiche. Ma già il fatto che si parli di voli di continuità territoriale significa che manca uno dei presupposti che consente di fare funzionare il servizio secondo un libero mercato». 
Nel caso delle Marche?
«Non si tratta di un’area geograficamente disagiata come un’isola od ancora un’enclave, ma serve per superare il fatto che il bacino marchigiano d’utenza è quantitativamente modesto e rischia di non essere sufficiente per garantire una remunerazione adeguata alle compagnie». 
Come dovrebbe essere un servizio ottimale? 
«L’ideale sarebbe garantire un servizio con un minimo di frequenze di voli settimanali andata/ritorno per hub, destinazioni ritenute rilevanti, possibilmente in fasce orarie che consentano di attrarre il più possibile una domanda che verosimilmente è di tipo sistematico come quella per motivi di lavoro. Domanda che preferisce muoversi nelle fasce della mattina e della sera, in orari in cui le onde di voli negli hub sono concentrate e favorevoli per gli interscambi. Ma tutto questo rimane legato alle sovvenzioni e a quanto è disposto ad investire chi partecipa al bando». 
Come tarare il servizio?
«Tutto dipende della domanda reale di trasporto. Ci sono metodi e modelli di stima della domanda di trasporto che hanno ispirazione econometrica sempre più applicati per identificare la reale catchment area dell’aeroporto. Ossia le persone che per varie caratteristiche socioeconomiche ed esigenze di mobilità possono diventare passeggeri potenziali. Modelli sempre più utilizzati dagli aeroporti e dalle compagnie per verificare se un determinato volo ha un mercato, calcolare i suoi parametri operativi come la frequenza e quale tipo di aereo utilizzare. Ma per un aeroporto rimane fondamentale che ci sia un bacino di domanda forte e stabile. Ed è questa carenza all’origine delle grandi difficoltà di tanti aeroporti. Penso a Forlì, Parma, Rimini, Treviso od ancora Pescara».
La soluzione? 
«Stimare con cura e cercare di ampliare la catchment area di un aeroporto, bacino di domanda che si calcola comprendendo tutti i punti del territorio dai quali è possibile raggiungere lo scalo entro una determinata soglia di costo di viaggio (tempo e costo monetario) via gomma e via ferro, magari incentivando l’accessibilità con servizi agevolati, al fine di rendere più vantaggioso per le compagnie operare su quello scalo. L’alternativa per aeroporti che puntano solo su passeggeri. Lavorare in rete».
Quali soluzioni sono premianti?
«Soluzioni che mettano al centro l’accessibilità dei passeggeri, ovvero ricercare soluzioni che migliorino – sul piano infrastrutturale e dei servizi – la connettività dei territori con aeroporti esistenti e che per natura hanno un'offerta stabile ed elevata». 

 
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