Nursultan (Kazakhstan) – Francesco sta andando in Kasakhstan ma pensa alla Cina. Praticamente il suo più grande sogno nel cassetto. «Santità il Vaticano è pronto a trasferire l'ufficio di Hong Kong a Pechino?» La domanda non coglie troppo di sorpresa il Papa mentre è in volo, diretto a Nursultan, la capitale del Kazakhstan, paese cerniera al confine con la Russia e la Cina dove è atteso per un congresso sul dialogo interreligioso. Così prova a dribblare: «Non riesco a sentire bene la domanda, c'è troppo rumore qui. Non saprei. Non mi interesso di queste cose» risponde senza però smentire l'ipotesi che circola dietro le quinte della diplomazia. «A Nursultan incontrerà il presidente Xi?».«Non ho notizie, ma sono sempre pronto ad andare in Cina».
Xi Jinping alla prima trasferta estera
Proprio mentre il Papa atterra con il volo della Ita in questo grande paese dell'Asia centrale a maggioranza musulmana - dove da anni il governo kazako promuove meeting tra leader religiosi nel tentativo di veicolare il volto moderato della nazione - anche il presidente cinese Xi Jinping è atteso dal presidente Tokayev sebbene per altri motivi.
Sul viaggio del Papa in terra kazaka - inizialmente immaginato per incontrare Kirill – pesa la ingombrante defezione del patriarca di Mosca che continua a benedire la guerra di Putin. Kirill definito dal pontefice un chierichetto di stato, praticamente un tirapiedi del Cremlino, dopo avere rinunciato al viaggio si è limitato a spedire in Kasakhstan una delegazione guidata dal suo numero due, il metropolita Antonji. Sarà lui ad avere un colloquio riservato con il pontefice ma difficilmente firmerà la dichiarazione finale contro la guerra in Ucraina, a meno che non sia un messaggio annacquato e generico sulla guerra. Solo la scorsa settimana ha definito il messaggio finale del consiglio ecumenico a proposito della guerra in Ucraina un documento senza alcun valore.
La coincidenza del Papa e del presidente cinese a Nursultan prevista per domani 14 settembre ha riportato sotto i riflettori la più grande operazione diplomatica del pontificato di Bergoglio nel tentativo di normalizzare i rapporti con Pechino interrottisi dalla metà degli anni Cinquanta con la presa di potere di Mao. Da allora la Santa Sede ha trasferito i suoi uffici diplomatici e culturali a Hong Kong e a Taiwan, l'isola ribelle che Pechino vuole isolare sempre di più e riportare sotto il suo controllo mentre i cattolici fedeli al Papa venivano sistematicamente perseguitati.
Il Vaticano quattro anni fa ha firmato con Pechino l'accordo segreto per le nomine dei vescovi. Una mossa pensata per riunire le due chiese nate con l'arrivo del comunismo: una sotterranea e perseguitata e l'altra, invece, controllata dai funzionari di partito ma piuttosto libera. L'accordo "ad experimentum" verrà rinnovato il mese prossimo e già sono in molti a scommettere che difficilmente il Vaticano potrà resistere alle pressioni cinesi che vorrebbero la chiusura sia gli uffici diplomatici a Hong Kong che a Taiwan, dove invece la Santa Sede ha una nunziatura ( è uno dei pochissimi paesi al mondo che ha piene relazioni diplomatiche con Formosa). Nel frattempo un cardinale cinese, Zen Ze Kiung attualmente agli arresti domiciliari per avere difeso la libertà religiosa, dovrà subire un processo a fine mese. E' la bandiera dei cattolici cinesi appartenenti alla Chiesa sotterranea. Di lui finora il Papa e il Vaticano non hanno speso una sola parola in pubblico, forse per non complicare le cose.