Italia, c'è Mattarella: l'uomo in più a Wembley

Italia, c'è Mattarella: l'uomo in più a Wembley
di Mario Ajello
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Venerdì 9 Luglio 2021, 07:30

Ci serve l’uomo in più, a Wembley. Ci serve Mattarella e il presidente è con noi. Non fungerà da bomber il Capo dello Stato, non si metterà a giocare a scopone con Mancini sull’aereo del ritorno come fece Pertini con Bearzot nell’82 (Mattarella è popolare, non popolaresco), non lo vedremo urlare perché non è nel suo stile ma lo sentiremo, dentro e fuori dal campo, per quello che è: una presenza che rassicura e che dà forza, il riassunto dell’Italia che crede in se stessa e ne ha tutti i motivi - calcistici ed extra-sportivi - e che può vincere perché sa come farlo. Ma il contesto in cui ci troveremo a giocare domenica è difficile, il campo è ostile, e perciò serve Sergio l’uomo in più. Di solito quando i presidenti della Repubblica accompagnano la squadra nella finale incutono coraggio e portano fortuna. Così fu con Pertini al Bernabeu, e idem con Napolitano nel 2006 quando l’Italia vinse a Berlino il suo quarto mondiale. Purtroppo la regola non valse per Ciampi che presenziò alla finale europea del 2000 ma la vittoria non ci fu: gli azzurri vennero sconfitti ai supplementari dalla Francia. E ancora: non si fece vedere Oscar Luigi Scalfaro alla finale del ‘94 - quella che l’Italia perse ai rigori con il Brasile negli Usa - e molti interpretarono la sua assenza sugli spalti in maniera molto politica e forse non peregrina: non stravedeva all’idea che il suo nemico, Berlusconi allora premier per la prima volta, si impossessasse dell’eventuale vittoria della Nazionale. 
LE FASI<QA0>
E comunque ogni fase fa storia a sé e questa è la fase in cui serve Mattarella a Wembley perché andiamo a giocare in uno stadio all’80 per cento schierato contro di noi, in un torneo europeo cucito su misura per l’Inghilterra (girone giocato in casa, semifinale in casa, finale in casa) e in una città, Londra, in cui è stato riaperto tutto per gli inglesi ma costringendoli alla quarantena viene impedito ai tifosi che arrivano dall’Italia di andare allo stadio. Così da avere un teatro per una sola squadra (anche se nel gioco l’Inghilterra non è irresistibile) e con un unico popolo. Non il nostro. Già negli ottavi nessun italiano (se non quelli residenti in Inghilterra) era in tribuna. Idem nella semifinale. E domenica, grazie alla mediazione della Figc, non più di mille italiani non residenti saranno ammessi allo stadio. Un numero troppo esiguo, e questo non va bene. In più altri elementi vanno notati e anche questi rendono - al netto dei valori in campo, dove ci sentiamo attrezzatissimi e non siamo certo una «squadra di camerieri» come da orrida stroncatura inglese nel ‘73 - la serata complicata. L’Inghilterra è andata in finale grazie a un rigore inesistente contro la Danimarca. Un episodio che fa venire il sospetto che possa esserci qualche atteggiamento di favore per i padroni di casa da parte della Uefa. Una benevolenza perché? 
BASTIONE
Tutti ricordano che Boris Johnson è stato il premier che più ha osteggiato, facendo sfilare le squadre inglesi e affossando il progetto, la Superlega.

Se a pensar male si fa peccato ma spesso si azzecca, viene da pensare che la Uefa qualche debito di gratitudine per Johnson e l’Inghilterra possa avercelo. E anche questo rischia di non giovarci. Ma va bene lo stesso: niente lagne, e attenti ai fatti. Che sono quelli di un’Inghilterra che dal ‘66 non vince un mondiale e non vuole perdere l’occasione di rifarsi in casa, nonostante il pienone di Wembley sia quello di un Paese che viaggia al ritmo di oltre 30mila contagi Covid al giorno. E non aveva avuto torto Draghi (rischiamo di pagare anche questo?) quando ha sollevato il problema della finale a Londra. Insomma, per tutti questi motivi, la figura di Mattarella a Wembley serve eccome. Come deterrente per gli altri. Come garanzia per tutti. Come bastione di una serietà che è nostra e che si spera sia contagiosa.

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