«Tra otto mesi il mio mandato di Presidente termina. Io sono vecchio, potrò riposarmi». Sergio Mattarella, 80 anni a luglio, l’ha detto incontrando gli alunni di una scuola romana. Non sono stati pochi a fare un balzo sulla sedia quando hanno sentito quella parola: “vecchio”. Oggi considerata poco garbata e irrispettosa ha, in realtà, un significato molto ampio e carico di forza. La forza dell’esperienza, della storia da raccontare e da continuare a vivere. “Vecchio” vuol dire saggezza, ricchezza di vita, nuova creatività dopo una vita dedita al lavoro e alla collettività. L’anziano come patrimonio. Il tono e la pacatezza del Presidente ci hanno fatto pensare a uno di casa. Un familiare a noi vicino. E questo, con ogni probabilità, voleva trasmettere Mattarella. Riferire a se stesso quel connotato non è stato dispregiativo. Piuttosto, un modo colloquiale per comunicare in modo immediato con i ragazzi. Così lontani dal pensiero di un ottantenne (ma gli anni non li dimostra) al Quirinale. Il Presidente ha avuto la capacità di parlare agli studenti e al resto del Paese senza mezzi termini. Ha fatto una riflessione personale piuttosto che una dichiarazione politica. È da ammirare che si sia espresso, appunto, come un anziano di casa che annuncia di volersi legittimamente riposare. Immaginiamo un nonno di quell’età che convoca i parenti e spiega le sue decisioni. Mattarella, in modo sorprendentemente sintetico, ci ha inviato due messaggi importanti: «Intendo fermarmi dopo aver lavorato tanto» e «d’ora in poi desidero riposarmi». Oggi voglio separarmi dall’impegno quotidiano e domani voglio pensare ad altro. Un’immagine propositiva e carica di energia. Un esempio di comunicazione ad alto livello che dovrebbe fare scuola. Istituzionale ed umana. La stessa terminologia torna in diversi discorsi di Papa Francesco.
Come viene ricordato nel Documento della Pontificia Accademia per la Vita “La vecchiaia: il nostro futuro. La condizione degli anziani dopo la pandemia” del 9 febbraio scorso: «Alla vecchiaia oggi corrispondono stagioni differenti della vita: per molti è l’età in cui cessa l’impegno produttivo, le forze declinano e compaiono i segni della malattia, del bisogno di aiuto e l’isolamento sociale; ma per tanti è l’inizio di un lungo periodo di benessere psico-fisico e di libertà dagli obblighi lavorativi.
Francesco Landi, presidente della Società italiana di geriatria e gerontologia