Potrebbero rientrare nella categoria effetti collaterali da Dpcm. Se da una parte, infatti, l'obiettivo del Governo rimane fermare la pandemia - i cui numeri nell'ultima settimana sono tornati a preoccuare - dall'altra restano le attività economiche della Capitale, impegnate a fare i conti con una crisi durissima.
Gli orari di chiusura di locali e ristoranti alle 24, l'impossibilità di alzare le saracinesche prima delle 5 del mattino e, ancora, il consumo esclusivamente al tavolo di cibi e bevande a partire dalle 18, costituiscono l'ennesimo gancio ben assestato a un settore già messo in ginocchio da restrizioni e lockdown.
L'appello dei Pubblici esercizi della Confesercenti: aiutateci a rimanere aperti https://t.co/fyWRCBQBZ2
— ConfesercentiRoma (@ConfesercentiRM) October 16, 2020
L'sos si leva accorato dalla voce di Claudio Pica, presidente di Fiepet Confesercenti di Roma e Lazio e rappresentante di un malessere diffuso tra i titolari delle imprese: «Con l'ultimo provvedimento l'impressione è che Governo e Regioni abbiano deciso di alzare ancora di più l'asticella, colpendo al cuore la filiera agroalimentare e l'intero comparto della ristorazione».
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Tradotto in numeri, i risvolti potrebbero essere addirittura peggiori, soprattutto per la Capitale: «Le perdite ad oggi - afferma Pica - ammontano a 150 milioni di euro, tuttavia potrebbero presto raddoppiare e quantificarsi in oltre 300 milioni entro la fine dell'anno».
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Cifre impressionanti, che se confermate devasterebbero il tessuto economico, già precario, di Roma. Anche per questo secondo i ristoratori, la chiave di volta per arginare il Covid non può essere rintracciata nelle costanti e progressive strette sui locali, bensì su controlli maggiori, specie nei punti nevralgici della città: «Le nostre aziende associate rispettano tutti i protocolli imposti dal Cts, la "mala Movida" nelle piazze non si frena con nuove chiusure, ma con la garanzia del rispetto delle norme vigenti».
Quindi le proposte, per scacciare orizzonti scuri e tremendamente vicini: «L'asporto di alcolici - dice Pica - riteniamo andasse limitato prima, a differenza del consumo al banco, da consentire almeno fino alle 20. In ogni caso, se falliranno le imprese a perdere sarà Roma, in termini di investimenti, Pil e ricchezza pro capite. Noi battaglieremo per impedire questa sciagura sociale. Torneremo a confrontarci con su tavoli istituzionali con Governo e Regioni alla ricerca di soluzioni condivise».