«Per Getty l'acquisto era legale»

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Sabato 21 Ottobre 2017, 05:00
L'AUDIZIONE
PESARO Ha idealmente aperto le pagine del diario di Jean Paul Getty. Quelle in cui il petroliere e fondatore dell'omonimo istituto d'arte scriveva passo per passo la storia dell'acquisto dell'Atleta vittorioso, la statua bronzea greca ripescata nel 1964 nelle acque dell'Adriatico e ora esposta in California. Ancora un'udienza per l'opposizione da parte del museo americano all'ordinanza di confisca della statua per esportazione illecita. E' arrivato dall'America il responsabile del J. Paul Getty Trust, Stephen Clark. Abito grigio, voce pacata. Sotto mano 22 pagine di memoria che ha distribuito anche al giudice Gasparini e alle parti.
L'esperto in diritto d'arte
Ha prima chiarito il suo curriculum come esperto di diritto d'arte per musei della California ma anche per il Moma di New York. E sottolineato che il suo non era un esame, ma dichiarazioni spontanee. «Getty aveva un diario in cui annotava tutto. Oggi è disponibile on line per intero, la grafia è difficile da capire, ma sono le sue memorie. La statua appare per la prima volta nel diario nel 1972, offerta a 3,5 milioni di dollari». Getty tergiversa e vuole essere sicuro «che si potesse acquistare legalmente».
La statua era già stata al centro di un processo a Perugia ai danni dell'antiquario Barbetti di Gubbio che acquistò l'opera da Pirani e Ferri, due suoi parenti e un prete che la custodiva nella canonica. Furono assolti con formula piena dopo un primo pronunciamento della Cassazione che rispedì il caso alla Corte d'appello. L'opera finì in mano al commerciante d'arte tedesco Heinz Herzer che la acquisì tramite la società Artemis.
L'interesse del Metropolitan
«Getty era anche pressato dal Metropolitan Museum che voleva acquisire l'opera congiuntamente al Getty stesso - ha sostenuto Stephen Clark -. Ma Jean voleva comprarla da solo. Gli unici dubbi di Getty riguardavano a questo punto il prezzo, così mandò un suo emissario a Monaco per offrire 2,75 milioni di dollari, non un penny in più. Ma non c'era alcun ostacolo all'acquisto in maniera del tutto legale. I timori riguardavano l'autenticità dell'opera, ovvero che fosse una statua greca e non una copia romana». Il 1973 è un anno chiave e che secondo Clark spiega «perché Getty non abbia acquistato l'opera». Questo per chiarire che il magnate non aveva dubbi sulla legittimità dell'operazione ma era distolto da altro.
Clark ha spiegato che «nel 1973 morì il primogenito di Paul e il nipote fu rapito a Roma». Un caso alla ribalta internazionale visto l'orecchio mozzato per la richiesta di riscatto. Ma fu anche l'anno della crisi petrolifera per la guerra in Arabo israeliana e il conseguente embargo. Non se ne fece nulla, Getty aveva altri pensieri e non era convinto del prezzo». Qui viene citato anche Luigi Salerno, un funzionario del ministero, con cui ci fu uno scambio di lettere. «Lo Stato italiano non è mai intervenuto rispetto alla questione dell'espatrio. La statua era un bene disponibile, come stabilito anche dal procuratore distrettuale di Monaco che nel 1974 mise nero su bianco che Herzer poteva vendere il bene legittimamente».
L'opera pagata 3,95 milioni di dollari
Getty morì senza acquistare l'opera, ma il cda della fondazione da lui fondata e che porta il suo nome, continua Clark «ha deciso di acquistarla in suo onore nel 1977 per 3,950 milioni di dollari. Un accordo con tutte le parti e la garanzia del venditore». L'avvocato per conto del Getty, Alfredo Gaito ha tenuto un'arringa molto tecnica richiamando la sentenza della Cassazione che «non disse che la statua era un bene dello Stato italiano». E ha rimarcato come «il ministero durante i processi a Gubbio non si costituì parte civile e non dimostrò interesse per l'opera. Una rinuncia tacita alle proprie prerogative ablatorie». Concetto rimarcato dall'avvocato Emanuele Rimini: «Non esiste un titolo di proprietà da parte dello Stato italiano». L'avvocato non ha finito la sua arringa quindi, in maniera inattesa, l'udienza è stata aggiornata al 15 dicembre, quando probabilmente ci sarà una replica del pm Silvia Cecchi che ha già chiesto la conferma della confisca.
Luigi Benelli
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