«I prof sono stati la mia vera guida»

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Domenica 9 Maggio 2021, 05:04
Orgogliosamente un «sudentrino» ama definirsi così il dottor Franco Pezzuoli riferendosi orgogliosamente alla sua origine nativa del Paese alto. Per più di vent'anni dirigente medico del reparto di Cardiologia dell'ospedale sambenedettese Madonna del Soccorso Franco Pezzuoli dallo scorso gennaio è responsabile Cardiologia presso la clinica Villa Anna.
Orgogliosamente sudentrino
«Sono nato e cresciuto al Paese alto di San Benedetto dove tuttora vivo afferma il cardiologo Pezzuoli Dal periodo dell'infanzia e fino all'adolescenza ho frequentato l'oratorio della chiesa di San Benedetto Martire, qui giocavamo a calcio, biliardino; gli amici che ho conosciuto allora sono quelli che frequento ancora oggi. Ricordo che ai tempi, non essendoci il cellulare, ci davamo appuntamento la domenica per il sabato successivo, dato che durante la settimana non uscivamo».
Gli anni della formazione
Ed è proprio in questa parrocchia che ha incontrato un giovane don Romualdo «lui partecipava volentieri ai nostri incontri, ha avuto la capacità di farci sentire parte di un gruppo grazie ai suoi modi e alle sue parole. Era il periodo in cui il sabato sera ci riunivamo a casa di amici per stare insieme, non era abitudine andare a cena fuori, in generale non c'erano abbastanza soldi per poterselo permettere».
Dalle colonie all'Università
Aveva circa otto anni quando inizia a partecipare alle colonie estive insieme ai suoi compagni. «Un'estate siamo andati alla scuola elementare che si trovava a Pretare di Arquata: nelle aule allestivano dei letti e in questo luogo trascorrevamo diverse settimane. I nostri genitori venivano a trovarci una volta la settimana, la domenica. Poi ho continuato a frequentare la colonia prestando aiuto nell'organizzazione e nei preparativi delle varie attività. Questo fino a quando nel 1977 sono partito per Roma, mi ero iscritto Università Cattolica del Sacro Cuore».
I primi lavori per mantenersi
Il periodo delle colonie è stato bello, ma per certi versi anche faticoso come ricorda il dottor Pezzuoli: «Durante queste settimane trascorse fuori casa avevamo comunque la sveglia la mattina presto e tutta la giornata veniva scandita da diverse attività, come l'orario per la doccia fino alle escursioni. Così d'estate, quando ero ormai un adolescente, iniziai a fare qualche lavoretto e mettere dei soldi da parte per andare in campeggio con i miei amici. Ad esempio ho collaborato presso una cartolibreria del territorio, durante il periodo di distribuzione dei libri scolastici, la paga settimanale era di circa 2mila lire. Oppure con i miei amici iniziammo a realizzare dei gadget della città, in terracotta, che poi lucidavamo con il copale, per venderli agli albergatori così loro potevano donarli ai turisti come ricordo di San Benedetto. Siamo partiti per i primi campeggi a 16 anni, inizialmente ci spostavamo in treno per raggiungere i camping dove poi ci saremmo attrezzati con le nostre tende, in seguito, una volta raggiunta la maggiore età, cominciammo a viaggiare in macchina».
Insegnanti guida
Una vita sempre contraddistinta dallo studio, i primi risultati alla media Gabrielli, era il 1971, il preside Nelson Rossi, per essere tra i più bravi studenti, gli donò una collana di tre volumi dedicata alla Storia del Novecento, che tuttora conserva gelosamente. Era il periodo delle contestazioni giovanili quando frequenta il liceo scientifico Rosetti «Devo ringraziare i miei professori che mi hanno insegnato ad amare le materie oggetto di studio. Erano gli anni in cui si discuteva, ci si confrontava, insomma c'era molta socialità. Poi quando sono partito per l'università ho assistito a posti di blocco, contestazioni; erano i tempi del rapimento di Aldo Moro e in città c'era molta tensione». Una famiglia molto unita quella del dottor Pezzuoli composta da papà Fiore, commerciante ortofrutticolo, mamma Italia che lo aiutava e la sorella Ginevra. «A volte d'estate aiutavo mio padre a caricare e scaricare le cassette di frutta e verdura che prendevamo dai contadini; la mia ricompensa era salire sul suo camion, ricordo era un OM 50, e questo mi faceva sentire importante».
Luigina Pezzoli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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