Il procuratore nazionale antimafia Cafiero De Raho: «Le Marche sono un’oasi teniamo lontane la criminalità da tutte le attività in crisi»

Il procuratore nazionale antimafia Cafiero De Raho: «Le Marche sono un’oasi teniamo lontane la criminalità da tutte le attività in crisi»
di Federica Serfilippi
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Sabato 8 Maggio 2021, 04:50 - Ultimo aggiornamento: 15:55

ANCONA - «Le mafie sono il cancro della nostra società, lo strumento che conduce all’arretramento di una parte dell’Italia che invece ha bisogno di aiuto. Questo territorio è un’oasi abbastanza serena, ma è proprio tali realtà che le mafie vogliono raggiungere con maggiore interesse per investire le loro ricchezze». È il monito a tenere sempre la guardia alta del procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, intervenuto ieri mattina al tribunale dorico per siglare un protocollo, definito «apripista» tra la Direzione Nazionale Antimafia, la procura generale, quella distrettuale di Ancona e le circondariali.

 
L’azione comune
Obiettivo: condividere informazioni e indagini con l’immissione di dati nel sistema virtuale Sidda/Sidna (banca dati delle procure) per prevenire le azioni della criminalità organizzata e di eventuali gruppi terroristici in un’ottica di collaborazione e sinergia tra i vari uffici della magistratura. «Non dobbiamo consentire alle mafie di entrare neanche con un euro nelle attività economiche presenti – ha detto Cafiero De Raho – e dobbiamo impedire loro di appropriarsi, attraverso reati come l’usura, delle imprese in difficoltà». I pericoli che possono correre le Marche sono legati, soprattutto in questo momento, all’indotto del turismo: «Questa è una regione che offre strutture balneari importanti, oltre ad alberghi, bar e ristoranti. Ha una capacità ricettiva significativa ed è naturale che questi siano obiettivi appetibili».


Le indagini
Sul modus operandi dei gruppi della criminalità organizzata: «Sanno – ha continuato il procuratore nazionale antimafia – che le indagini sono rivolte a monitorare i cambi di titolarità delle società. Per sottrarsi al rischio di essere rivelati, utilizzano un’altra modalità: immettere denaro nell’impresa e lasciare la titolarità.

Questi fenomeni si possono contrastare con la condivisione delle conoscere e l’unione tra procure. Per questo il protocollo è fondamentale». La firma del documento è stato tra gli ultimi atti formali compiuti da Sergio Sottani, procuratore generale delle Marche: dalla prossima settimana svolgerà le sue funzioni a Perugia, sua città natale. 


Il saluto del Pg
«Vado via contento – ha detto Sottani - perché vado a lavorare nella mia città, ma mi dispiace lasciare questa regione, dove si vive bene. Il protocollo firmato oggi significa molto: è l’attenzione che tutti riserviamo verso le Marche affinché non peggiori i suoi livelli di vita». Il protocollo e la condivisione di informazioni consentiranno di «capire quali sono le forme più viscide e più pericolose delle infiltrazioni mafiose: non sono solo quelle visibili con l’occupazione del territorio - per cui in questa regione ci sono dei segnali, ma non particolarmente significativi - ma quelle che si esprimono, per esempio, con il riciclaggio». Un reato che potrebbe innescarsi con l’arrivo dei fondi della ricostruzione post sisma e del Recovery Plan. A firmare il protocollo anche il procuratore capo di Ancona Monica Garulli: «Questo protocollo – ha detto - ci consegna un metodo di lavoro, ancora più importante in questo momento storico segnato dalla crisi economica e sociale, dove l’azione di contrasto ai reati dovrà essere ancora più necessaria. La condivisione è il presupposto fondamentale da cui ripartire». Luigi Antonio Catelli, presidente della Corte di Appello ha sottolineato l’importanza del documento sottoscritto nella mattinata di ieri: «Sarà un’ottima opportunità per il lavoro di squadra: si cerca di rimediare così alle lacune di risorse e personale che abbiamo».

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