Lorenzo Rossi, l'assessore che inaugurò l'Astronave di Pesaro: «Volli Pavarotti al Palas. Mi derisero: è stonato»

Appesa la politica al chiodo oggi fa il cuoco nella country house della figlia: "Non sapevo cucinare, per sette mesi buttammo via tutto"

Lorenzo Rossi, l'assessore che inaugurò l'Astronave di Pesaro: «Volli Pavarotti al Palas. Mi derisero: è stonato»
Lorenzo Rossi, l'assessore che inaugurò l'Astronave di Pesaro: «Volli Pavarotti al Palas. Mi derisero: è stonato»
di Maria Teresa Bianciardi
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Sabato 16 Marzo 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 13:21

Se negli anni Novanta qualcuno a Pesaro avesse voluto scommettere sulle abilità culinarie di Lorenzo Rossi, non avrebbe trovato nessuno pronto a tirare fuori una lira. Nemmeno Lorenzo Rossi stesso: «Fino a un decennio fa quasi non sapevo come fosse fatta una cucina. Preferivo mangiare al ristorante». Ma la vita è strana e un bel giorno ha deciso di mettere alla prova uno dei politici di lungo corso che hanno segnato la storia di Pesaro, quando l’attuale sindaco Matteo Ricci era un ragazzo impegnato nel Pds e l’ex governatore Luca Ceriscioli scaldava i muscoli per conquistare la poltrona da primo cittadino dove sedeva Oriano Giovanelli.

Lorenzo Rossi, iniziamo da oggi. Dove si trova?

«A Borgo Pace, località Valderica. In mezzo ad un bosco».

Come ci è finito?

«Tanti anni fa, quando ero ancora totalmente assorbito dalla politica, mia moglie ebbe la giusta intuizione di acquistare quello che allora era un rudere e che poi è diventato il fulcro di una storia unica, familiare e imprenditoriale».

ValdericArte Creative Residence è una Country House immersa nell’Alpe della Luna.

«Mia figlia Maria Stella l’ha creata a sua immagine: un luogo magico dove porta avanti le ricerche sulle erbe e sui colori e dove organizza eventi, workshop, visite guidate e laboratori creativi. Una realtà che è cresciuta e che accoglie ogni anno migliaia di persone».

Tutto meraviglioso, però mancava un cuoco ai fornelli. Ed è stato nominato.

«Per sette mesi quello che preparavo finiva nella pattumiera. Poi grazie alla pazienza di mia moglie tutto ha iniziato a prendere forma, anche in cucina».

A quel tempo era appena andato in pensione e aveva appeso la politica al chiodo. Rimpianti?

«Nessuno. Ho iniziato ad appassionarmi alla politica a 18 anni, ho salutato tutti a 63. Il mio impegno è stato totalizzante e mi ha permesso di realizzare un’infinità di cose».

Il fiore all’occhiello?

«Il Palazzetto che oggi si chiama Vitrifrigo Arena. Nel 1996 ero in giunta, c’era da terminare l’impianto: ho buttato il cuore oltre l’ostacolo e siamo riusciti ad inaugurarlo. Per il taglio del nastro ho subito pensato al grande Maestro Luciano Pavarotti con cui nel tempo ho costruito anche una bella amicizia. E sa cosa è successo?».

Dica.

«C’è stato chi mi ha chiesto perché avessi scelto proprio lui, visto che era stonato».

Roba da matti. Ed è stato un evento indimenticabile per Pesaro.

«Abbiamo terminato la struttura con una accelerata pazzesca, a gennaio è iniziata la prevendita dei biglietti per il mese di agosto.

Come ci siamo riusciti? Affidando i lavori ad imprese locali».

Un rammarico nella sua carriera di amministratore?

«Non avere realizzato un teatro all’aperto per ospitare il Rossini Opera Festival. Ne avevo iniziato a parlare con il Presidente Mariotti. È rimasto un sogno nel cassetto».

La politica l’ha delusa?

«Sì, decisamente. Per mancanza di visione, per la scarsa capacità di ascoltare le esigenze reali dei cittadini: io sono sempre stata una persona pragmatica, vado al sodo su tutto, difficilmente mi perdo in chiacchiere. All’epoca ero considerato un rompiscatole, perché se credevo in un progetto non mi fermavo. Ho iniziato l’Interquartieri quando nessuno voleva questa strada, il Parco Miralfiore, per lo stesso Palas ho avuto contro metà del consiglio comunale».

Qualcosa è cambiato?

«Poco, direi».

Il centrodestra?

«Per vincere a Pesaro non basta inventarsi un candidato a due mesi dalle elezioni. Bisogna costruire nel tempo, ci vogliono anni».

Il centrosinistra?

«Se a livello nazionale il Pd non mette in piedi un’opposizione costruttiva, fatta di idee, penso che resterà in minoranza ancora a lungo».

Non è tenero con il partito che ha rappresentato per decenni.

«È anche per questo che ho fatto armi e bagagli e mi sono trasferito in un bosco».

Ed è diventato un cuoco spirituale.

«L’atmosfera che ci circonda è magica e trascendente, cucino piatti che non si trovano da nessuna parte. Con le erbe selvatiche che raccogliamo intorno alla country house e prodotti del territorio».

Tipo?

«Il cornetto cacio e pere con gelato al pecorino, la pasta al forno con erbe di stagione e petali: nei sughi non utilizzo il pomodoro».

E dire che non sapeva cucinare.

«Come sempre è una questione di passione».

La foto che custodisce preziosamente?

«Quando sono venuto qui con mia moglie (Luisa Berti, ex insegnante di educazione fisica e scultrice, ndr), non ho portato nessun ricordo tangibile. Ho la mia memoria: mi basta».

Che piatto abbinerebbe alla politica?

«Un risotto alle ortiche (ride) con crumble di parmigiano».

E via, di nuovo ai fornelli.

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