Enrico Ciccola, vicepresidente di Confindustria Centro Adriatico con delega al territorio del Fermano, le Marche sono da tempo immemore fuori dalle stanze dei bottoni romane: quanto questa situazione incide negativamente sull’imprenditoria del territorio?
«Contare o meno a Roma, dipende da quanto noi abbiamo le idee chiare sulle problematiche che vengono dalle Marche. Pensiamo al territorio del Fermano, dove è stata riconosciuta un’area di crisi complessa: non riusciamo ad elaborare un progetto che abbia una visione futura per il distretto calzaturiero e per altre attività».
E di calzaturiero ne sa qualcosa, lei che guida un’azienda rinomata come la Romit.
«Sì, lo dico da imprenditore calzaturiero che dal 1970 sta in questo settore».
Qual è il problema che impedisce di dar vita ad un progetto di rinascita?
«Non siamo sufficientemente preparati perché dialoghiamo poco tra noi, anche come imprenditori.
L’annoso problema di campanili, insomma.
«Assolutamente sì. Dobbiamo guardare alle Marche, a Roma, all’Europa, al mondo. Non è tanto la presenza o meno di un ministro o un sottosegretario a cambiare le cose. La chiave è fare sintesi. Poi sia chiaro, non è che non mi interessi avere un marchigiano nella compagine di governo: sarei felicissimo se avessimo ministri e sottosegretari a rappresentarci, ma non è principalmente quella la questione».
Più che un problema a Roma, quindi, il problema è nelle Marche.
«Esatto. Direi 80% nelle Marche e 20% a Roma».