Cento milioni e una rinascita fantasma
Aperti quattro stati d'emergenza

Cento milioni e una rinascita fantasma Aperti quattro stati d'emergenza
di Maria Cristina Benedetti
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Martedì 14 Ottobre 2014, 11:26 - Ultimo aggiornamento: 12:09
Ancona - È nel dopo che è scritta la catastrofe successiva. In ogni dopo e in ogni dove. Nell'Italia delle grandi emergenze, di fango e di frane, va così. Da Senigallia a Genova sembrano la stessa alluvione, le stesse strade coperte di detriti, identiche le auto accatastate una sull'altra. Sirene che urlano e gente che piange, in ogni dopo e in ogni dove. Nel viaggio all'inferno sono previste la tregua, la conta dei danni, l'immancabile stato d' emergenza, la lunga attesa degli stanziamenti, i soldi per ripartire. E, a fine corsa, c'è la burocrazia, nemica giurata di tutte le rinascite. Oggi tocca a Genova che affoga come tre anni fa perché - le accuse inchiodano - non sono mai stati fatti i lavori per arginare i fiumi. Nel passato prossimo - maggio 2014 - è inciso il disastro di Senigallia:un rigurgito del Misa travolge due vite, 366 milioni e un pezzo di quella città non più di velluto. Un disastro continuo che solo nelle Marche da marzo 2011 - l'alluvione che aveva segnato a morte il Fermano - allo scorso maggio, di piogge torrenziali, ha generato danni per 1.5 miliardi; la dichiarazioni da parte del Governo di quattro stati d'emergenza; lo stanziamento di 98 milioni e 642 mila euro; il trasferimento dalle casse dello Stato a quelle della Regione di 64 milioni.



Il dramma di Senigallia

Si parte dall'ultimo degli incubi, l' alluvione di Senigallia: da allora sono trascorsi appena cinque mesi e il Governo ha stanziato 10 milioni, ma quei fondi non sono mai stati trasferiti. Quelle risorse, cioè, non sono state versate in contabilità speciale, quella con la quale agisce il commissario. Nell'attesa, l'assessore Paola Giorgi s'avvantaggia: “Abbiamo già approvato il piano degli interventi che prevede il rimborso delle spese sostenute dal Comune di Senigallia, circa 3 milioni. Inoltre, è previsto un accantonamento di una somma da destinare alla contribuzione per le autonome sistemazioni ed è in corso la ricognizione del fabbisogno presso enti pubblici, privati e attività produttive”. Dovuta parentesi: è stata trasmessa al Governo anche la stima dei danni, altri 20 milioni, dell'impennata meteo di luglio 2014, con tanto di tromba d'aria su Jesi.



Quando crollarono i ponti

Un passo indietro. Per l'emergenza di novembre-dicembre 2013, con epicentro Fermano-Maceratese e corollario Pesarese - due ponti crollati, il guado provvisorio di Colbuccaro sparito, il Passo di Furlo ancora in parte bloccato e danni per 398 milioni - lo Stato ha stanziato 20 milioni e 300 mila euro: ne sono stati trasferiti la metà, 10 milioni e 150 mila euro. Una somma arrivata a destinazione, garantisce l'assessore. Le risorse capitoline hanno coperto l'emergenza: rimborsi, interventi pubblici e privati per garantire l'incolumità e quelli per il ripristino dei servizi pubblici essenziali.



Il 2012 da dimenticare

Nell'anno del Signore 2012 sono stati due i mesi da dimenticare: novembre con frane e piogge torrenziali che hanno piegato le province di Ancona e Pesaro; e febbraio, che passerà alla storia per una nevicata record lunga 17 giorni. “La prima delle emergenze - tira le somme l'assessore Giorgi - è una partita chiusa: 10 milioni e 700 mila euro è stato lo stanziamento statale, 10 milioni e 200 mila euro le risorse arrivate a destinazione”. Tradotto in pratica: fondi assegnati e lavori quasi totalmente eseguiti. Per il nevone - che aveva isolato molte zone del Pesarese - il Governo decise di intervenire invece con 17 milioni. Da allora ne sono arrivati nelle casse della Regione oltre 8 milioni che, tra già destinati e bandi in corso di definizione, sono stati riservati a interventi a tutela della pubblica incolumità e assistenza alla popolazione, infrastrutture e azioni su immobili privati. Morale: ne mancano all'appello una decina.



L'alluvione mortale

Il viaggio a ritroso nelle emergenze arriva al marzo del 2011, l'alluvione del Fermano che lasciò per sempre sott'acqua due esistenze. In questo caso alla rinascita furono destinati 24 milioni e 642 mila euro e, per la prima volta venne introdotta dal Governo nazionale la “tassa sulle disgrazie”, col vincolo di aumento dell'accisa sulla benzina. “Un provvedimento obbligato per attivare le risorse statali - ricorda l'assessore - che recuperò 3 milioni poi sommati ai successivi ai trasferimenti statali”. Giorgi non molla la presa e dimostra che, qui nelle Marche, le lungaggini non hanno vita facile: “Di quelle risorse 11 milioni furono investiti sui corsi d'acqua e altri 11 su infrastrutture e viabilità. Certo - ammette - anche da noi qualche intervento potrebbe incappare nella tagliola di una burocrazia nemica della prevenzione e della tutela del territorio, ma questo è un tema che andrebbe affrontato seriamente da parte del Governo”. Altro giro, altra ordinanza e sullo stesso disastro furono messi 16 milioni in più, spalmati in tre anni: dal 2013 al 2015. Con le dovute differenze, per sanare definitivamente quella ferita mancano 7 milioni. L'assessore insiste sul dettaglio: “Stavolta è stata concessa la possibilità di destinare il 25% ai privati che, allora, pagarono il prezzo più alto. Un cambio di strategia che, tuttavia, ha dilatato i tempi”. I tempi lunghi della rinascita.




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