Sotto il carro dei perdenti
L'Italia fa ancora ridere

Cannavaro e Lippi
Cannavaro e Lippi
di Mimmo Ferretti
3 Minuti di Lettura
Domenica 27 Giugno 2010, 16:59 - Ultimo aggiornamento: 26 Luglio, 22:38
ROMA (27 giugno) - Una volta riavvolto il nastro, e riascoltato tutto (o quasi) quanto stato detto in Sud Africa, pi che piangere per l’eliminazione dell’Italia viene da ridere per le dichiarazioni regalate via via da Marcello Lippi e dai suoi giocatori. E il blob azzurro non può che partire proprio con le parole dal cittì dimissionario e dimissionato ben prima della partita contro il Paraguay, quella che ha originato la vergogna. «Non succede, ma se risuccede non voglio nessuno sul carro dei vincitori», disse nella prima conferenza-stampa africana replicando alle accuse provenienti da critica e mondo politico.



Su quel carro non solo non c’è salito manco lui, ma c’è finito sotto con tutto se stesso. Lippi, ovviamente, merita un siparietto a parte. Eccolo dopo Italia-Paraguay. «Il nostro gioco non è stato da buttare». Eccolo, invece, dopo Italia-Nuova Zelanda. «Abbiamo fatto il loro gioco». Ma, insomma, ’sto gioco di chi era? Il cittì ai cronisti prima di Slovacchia-Italia. «Non abbiamo alcuna intenzione di andare a casa». Sincero, Marcello: è andato direttamente al mare. E che dire di Simone Pepe, intervistato dopo l’esordio al Mondiale?. «De Rossi prima della partita mi ha detto: ricordati da dove siamo partiti, e gli ho risposto; mo’ però arrivamo...».



Detto, fatto: ieri all’ora di pranzo, con il Mondiale ancora agli “ottavi”, Pepe era già arrivato a Albano, a casa sua. Daniele De Rossi, inguaribile ottimista. «L’Italia non parte mai battuta anche contro Argentina, Spagna e Brasile». Certo: bastava la Slovacchia. Tenero Gennaro Gattuso, parlando di se stesso e dell’Italia. «Non sono venuto qui per fare il capitano non giocatore», precisò prima della prima a Cape Town. Vero: non ha fatto nè il capitano nè il giocatore. «Non sono bollito», l’urlo nervoso di Gianluca Zambrotta dopo Italia-Nuova Zelanda.



Occorre dargli atto di non aver detto una bugia, solo che ci ha messo un “non” di troppo. Inimitabile Fabio Cannavaro, il capitano degli azzurri, titolare di una tripletta da applausi. Canna uno: «Noi vogliamo unire, non dividere l’Italia», sentenziò nell’annunciare che una parte del premio (ma quale premio?) sarebbe stata girata alla fondazione per i 150 anni dell’Unità d’Italia. Promessa mantenuta: unita, tutta l’Italia ha preso a pernacchie la Nazionale. Canna due: «No, non sarà la mia ultima partita in azzurro: il bello deve ancora venire», le sue profetiche parole alla vigilia della Slovacchia.



Non l’avevano avvisato che il bello aveva un altro impegno, così è arrivato il brutto travestito da Vittek. Canna tre: «In giro non vedo fuoriclasse: se li vedete voi, fatemi sapere», il suo grido di dolore nella conferenza-stampa di saluto al Sud Africa. Come dargli torto? Aveva appena incontrato i suoi compagni di squadra nel ritiro di Leriba Lodge. Riccardo Montolivo, il vice Pirlo, bravino nelle prime due partite, inguardabile nella terza, dopo i primi consensi si avventurò in una dichiarazione rischiosa. «Il ruolo di Pirlo è un vestito cucito su misura per me», la sua analisi. Il sarto dell’Italia ha già ottenuto dalla federazione l’autorizzazione a adire le vie legali contro il capitano della Fiorentina. Intervento a valanga, secondo il suo stile, di Giorgio Chiellini dopo Italia-Paraguay.



«Pareggiare con la Nuova Zelanda? Non se ne parla neppure», la sua assicurazione. Nelspruit, 20 giugno 2010: Italia-Nuova Zelanda 1-1. Infine Federico Marchetti, il vice Buffon, che non resterà nella storia dell’Italia per aver beccato come un pollo quattro gol tra Nuova Zelanda e Slovacchia (non Brasile e Argentina) bensì per una frase regalata ai cronisti prima dell’esordio da titolare contro la NZ. «Quando ero bambino, il mio idolo era Taglialatela», il suo virgolettato. Adesso tutto è più chiaro.
© RIPRODUZIONE RISERVATA