Caos Pd, scissione a un passo. D'Alema su Prodi: assurdo candidarlo così

Massimo D'Alema
Massimo D'Alema
di Ettore Colombo
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Martedì 23 Aprile 2013, 09:39
ROMA Chi vota contro il governo di Napolitano fuori il leit-motiv di quasi tutti i big democrat. Matteo Renzi, intanto, continua a far sentire forte la sua voce. Lo ha fatto anche ieri sera quando, intervistato da Lilli Gruber a Otto e mezzo, non si è limitato a dire un rotondo sì al governo che chiede Napolitano, che il Pd deve esserne protagonista e indicarne il premier («Enrico Letta sarebbe un buon candidato», chiosa) e che «il vero inciucio è aver paura di non fare niente». Renzi ha parlato anche e molto di partito. Da un lato, infatti, il sindaco di Firenze ritiene, sulla scorta della vittoria della Serracchiani in Friuli, che «il Pd tornerà a essere vincente, anche perché meno Pd di così è impossibile», dall’altro specifica che «non credo di essere particolarmente portato a fare il segretario di un partito vecchio stile» e che la sua vera ambizione è candidarsi a guidare il Paese. Poi annuncia che vedrà presto Fabrizio Barca (ieri sera il ministro prima ha lodato il discorso di Napolitano, poi è andato nella storica sezione romana di via dei Giubbonari: segno che non vuole rompere, ma al contrario dare battaglia) e che nel Pd, che definisce «casa mia», «c’è spazio per tutti».



GIORNATA DI PASSIONE

L’ennesima giornata di passione era iniziata con l’intervista di Massimo D’Alema a Piazza Pulita. Non c’è stata nessuna regia dalemiana dietro l’azzoppamento della corsa di Prodi al Colle ne è il concetto: «Questa è una vergogna, chi lo dice è un calunniatore e lo denuncerò», scandisce D’Alema. «Non ho potuto impedire che 15 persone mi votassero – continua – ma dietro la sconfitta di Prodi c’è la regia di chi lo ha candidato in un modo francamente assurdo, senza preparazione né alleanze. Io vado a spasso con il cane, non organizzo complotti». La querelle, però, non si esaurisce qui. Un ex rottamatore come Pippo Civati la rinfocola con un post dal suo blog: «I traditori di cui si parla in queste ore tra poco potreste ritrovarveli ministri...». Qui, però, si entra, appunto, nel dossier più scottante e delicato, per il Pd, quello del nuovo governo.

Tutti i parlamentari del Pd lodano le parole del Capo dello Stato e la stragrande maggioranza di loro si predispone, in vista della Direzione di oggi cui parteciperà e parlerà lo stesso Renzi, a dire sì al governo di larghe intese.



CHI VOTA CONTRO È FUORI


«Chi vota contro la decisione assunta dalla maggioranza è inevitabile che sarà messo fuori», traccia la linea l’ex capogruppo alla Camera Dario Franceschini. I distinguo arrivano da aree e sensibilità diverse. Rosy Bindi sostiene che «non possiamo nascondere al Paese le nostre differenze, che sono oggettive, con il Pdl» e dice sì solo a un governo di scopo. Laura Puppato, Pippo Civati e Sergio Cofferati si sa già che sono contrarissimi al governissimo, ma è il giovane turco Orfini a mettere i piedi nel piatto: niente governi con il Pdl, avverte, la fiducia al governo sarà decisiva per il futuro del partito. La proposta che sarà avanzata oggi in Direzione dal corpaccione degli ex-Ds (bersaniani-Finocchiaro-D’Alema-Veltroni) e degli ex-Dl (Franceschini-Letta-Fioroni), però, non è negoziabile. Sarà un prendere o lasciare e sarà un sì al governissimo.



SCISSIONE A UN PASSO


La scissione sul governo è a un passo. Forse è per questo che, in serata, si diffonde la voce che il Pd potrebbe non indicare parlamentari attivi a ministri ma ex di lusso (Violante, Veltroni, Castagnetti, Chiamparino i nomi che girano). Solo un minuto dopo la nascita del governo, si passerà al dossier partito, tra ipotesi di direttori, comitati di reggenti e tempi necessari per anticipare, magari a prima dell’estate, il congresso.
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