Senza una visione strategica il policentrismo non ha futuro

Senza una visione strategica il policentrismo non ha futuro

di Daniele Salvi
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Sabato 9 Novembre 2019, 01:40
Come è possibile rendere sostenibile il policentrismo marchigiano? È questa la domanda che ha percorso come un fil rouge il confronto che ha animato il secondo seminario #marcheuropa che si è tenuto nei giorni scorsi ad Ascoli Piceno. Nel mondo che viaggia verso le grandi concentrazioni e che a livello dei territori conosce invece fenomeni di grande contrazione, la tenuta del sistema urbano policentrico delle Marche, ulteriormente indebolito dagli effetti del sisma, costituisce una questione rilevante per l’efficienza competitiva e la qualità della vita della nostra regione. Lo sviluppo diffusivo dei decenni che hanno preceduto la grande crisi ha avuto nelle Marche effetti evidenti nella linea di costa, nell’espansione dei fondovalle, dove il mix di residenziale e commerciale è divenuto un tratto quasi identificativo delle tipologie costruttive, e nello spopolamento delle terre alte.
Tutti caratteri che hanno reso le Marche molto simili a quanto avvenuto in altri territori, anche sotto il profilo dell’eccesso di consumo di suolo. Con la crisi del 2008 è finito il ciclo della crescita espansiva e sono entrati fortemente in discussione i fondamentali della nostra regione, a partire dalla scarsa capacità innovativa del sistema produttivo, dall’incidenza negativa del saldo demografico - come sottolineato di recente dal Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ad Ancona -, dalla smaterializzazione dei processi lavorativi e dal più marginale posizionamento del nostro Paese e delle stesse Marche nelle cosiddette «catene globali del valore». Il troppo lento recupero della perdita di ricchezza subita, l’avvio stentato del processo di ricostruzione post-sismica, l’innovazione costante richiesta dal sistema di welfare regionale per garantirne qualità e sostenibilità finanziaria, l’irrompere della questione ambientale, dovrebbero spingere a ricercare alleanze sociali e politiche nuove e più ampie nel tentativo di «governare il cambiamento». Un punto essenziale di questo tentativo dovrebbe riguardare proprio il rafforzamento dell’assetto policentrico del sistema Marche fatto di una rete di città piccole e medie e di sistemi insediativi diffusi tra loro comunicanti. Riabitare le Marche in contrazione è, quindi, il tema emerso con forza dalla discussione. Il fenomeno riguarda la città lineare adriatica con i suoi punti di forza nei sistemi locali di Civitanova Marche, Ancona, San Benedetto del Tronto, Pesaro-Fano, Senigallia, ma anche con i suoi luoghi dell’anonimato, i vuoti abitativi e la perdita di valore immobiliare; riguarda quelle che Arturo Lanzani ha chiamato le «conche intristite», i fondovalle fluviali dove l’espansione ha lasciato il passo ad aree dismesse e capannoni vuoti, come ad esempio nella valle del Tronto o del Chienti e su a risalire; riguarda, infine, le aree interne dove gli effetti del sisma richiedono di dare sostanza al «dov’era, come sarà» attraverso il coraggio di azioni progettuali di riconfigurazione degli abitati e delle comunità, in grado di attivare nuovi processi di accumulazione, e l’investimento su alcuni centri urbani che svolgono una funzione di pivot per ampi territori montani contermini. Infine, sono emerse alcune proposte: un primo terreno di sperimentazione per le amministrazioni locali è quello del riuso adattativo del costruito, che deve avvenire secondo un’impronta progettuale innovativa e riformatrice, come nel caso delle stesse manutenzioni straordinarie degli edifici pubblici strategici. Un secondo terreno riguarda la definizione di una Strategia regionale per lo sviluppo sostenibile che punti sulla resilienza delle comunità, in un’ottica interregionale (Marche, Umbria e Abruzzo), e che sia concreta, cioè impegnativa per il decisore politico in termini di azioni, tempi e risultati attesi. Un terzo terreno è la consapevolezza che senza una visione strategica il policentrismo non ha futuro e ciò vale soprattutto per la trama dei centri storici più colpiti del cratere sismico che dovrebbero adottare le indicazioni delle ordinanze n. 39 e n. 46 del Commissario Straordinario, in particolare lo strumento del “documento direttore”, con maggiore convinzione per orientare la ricostruzione. Da ultimo, sulla base dell’esperienza degli Interventi Territoriali Integrati (Iti) urbani e delle aree interne, nonché dei Progetti Integrati Locali (Pil) dei Gruppi di Azione Locale (GAL), è venuto il tempo di fare un ulteriore passo in avanti, dotandosi di una Agenda urbana regionale da sostenere con le risorse della programmazione europea 2021-2027. Le città e i luoghi sono in transizione, concepirli come un bene comune, formare e orientare competenze, pensare l’urbanistica non più solo come una funzione di servizio, sintonizzare la politica all’altezza delle problematiche di un secolo che si annuncia “metropolitano” sono compiti di una rinnovata coscienza regionalista.

*Capo di Gabinetto del Presidente del Consiglio regionale delle Marche
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