Gesù nasce tra gli alluvionati per accendere la speranza di un ritorno alla vita senza paura e soprattutto per non essere mai più lasciati soli. Nasce tra le bombe che continuano ad arrivare nella vicina Ucraina e, dopo tanti anni, vuole nascere tra coloro che ancora non sono rientrati dopo il terremoto nelle loro case. Gesù vuole nascere nelle famiglie più disagiate di questa regione così come in tutti i cuori più sofferenti e provati da tante difficoltà. Accogliere Gesù vuol dire non voltarsi dall’altra parte e permettere che possa nascere anche in quella cittadina dove sono stati chiusi i reparti di ostetricia. Accogliere Gesù veramente per non lasciarlo morire di freddo sotto i ponti, fuori dalle stazioni ferroviarie o sulle strade della tratta degli esseri umani. Chi farà finta, come Erode, di cercarlo per volerlo adorare, sarà già stato giudicato dalla storia come il prepotente, lo stolto, il vero fallito. Ecco perché il Natale non può considerarsi una festa tra le tante, trascorsa in una gioiosa insensibilità senza toglierci dall’indifferenza. Quel bambino adagiato in una mangiatoia non ha nulla di patetico né di scontato. È la vita apparentemente debole e limitata che nasconde in se stessa il valore assoluto e irripetibile di ogni esistenza. Gesù, il Verbo incarnato, si rende disponibile al mondo ancora una volta affinché l’essere umano possa comprendere il suo posto nella società. Il Figlio di Dio ci chiama a un cristianesimo portatore di gioia e capace di dare delle risposte credibili intraprendendo un percorso di fede autentico, non mediocre, non autosufficiente. La nascita del Redentore è un ritorno alla riconciliazione con l’Amato e i fratelli, una preparazione autentica ad accogliere quella pace vera che non delude l’umanità. Gesù modifica il ritmo del tempo spingendo tutta la creazione a riconoscersi come parte creata e salvata dall’unico Dio incarnato. Ripartire e quindi rinascere dal Natale significa avere il coraggio della fede dove l’odio, la sopraffazione, le invidie e ogni sorta di cattiverie umane non avranno più l’ultima parola. La cristianità, perseguitata e minacciata in modi diversi da sistemi diabolici, accende senza timore una luce di speranza per guidare il mondo verso la verità. I puri di cuore, gli umili e i poveri che accorrono verso il presepio hanno ancora qualcosa da insegnare all’uomo narcisista e accecato dal proprio io. Trascorrere un buon Natale significa modificarsi per far posto alla giustizia, riconoscendo la relazione di figli con Dio Padre e assumendosi la propria responsabilità, diretta o indiretta, sulle cause che generano oppressione ed emarginazione.
*Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII