La vera transizione digitale è con l’internet delle cose

La vera transizione digitale è con l’internet delle cose

di Donato Iacobucci
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Mercoledì 20 Marzo 2024, 03:35

Lunedì scorso si è svolto presso l’Università Politecnica delle Marche un incontro con le imprese dedicato all’Internet of Things (IoT). L’incontro era parte delle attività del PID, Punto Impresa Digitale della Camera di Commercio delle Marche il cui obiettivo è quello di favorire la transizione digitale delle piccole imprese. Quanto sia rilevante questo obiettivo ce lo ricorda l’indagine periodica dell’ISTAT sull’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione da parte delle imprese.

Dall’ultima rilevazione è emerso che quasi l’80% delle piccole imprese ha un livello di digitalizzazione basso o molto basso. Specularmente, più dell’80% delle grandi imprese ha un livello di digitalizzazione alto o molto alto. Misurare e confrontare i livelli di digitalizzazione delle imprese non è semplice; ma al di là dei problemi di misurazione la distanza fra piccole e grandi imprese nell’adozione di tecnologie digitali rimane considerevole. La difficoltà delle piccole imprese ad assorbire le tecnologie digitali è fra i principali fattori di spiegazione del diverso andamento osservato nell’ultimo decennio fra piccole e grandi imprese. A livello italiano la quota di occupati nelle grandi imprese è cresciuta dal 27% del 2011 al 29,3% del 2021 (ultimo censimento dell’industria e dei servizi).

Nello stesso periodo è diminuito il numero delle micro e piccole imprese e si è ridotta la loro quota sul totale dell’occupazione. Come ha sottolineato il collega Marco Cucculelli nell’editoriale di lunedì scorso su questo giornale, il sistema produttivo regionale e nazionale è in profondo cambiamento; non solo per l’emergere di nuovi settori e specializzazioni ma anche per i processi di innovazione che investono le imprese in tutti i settori di attività, anche quelli più tradizionali.

L’Internet of Things è fra le tecnologie digitali quella più pervasiva e rivoluzionaria. Si tratta di un insieme di tecnologie elettroniche, informatiche e della comunicazione che consentono di connettere alla rete Internet oggetti intelligenti, oggetti cioè in grado di acquisire informazioni dall’ambiente circostante, elaborali e trasferirli verso altri oggetti e verso sistemi di raccolta ed elaborazione.

Come ha ricordato la collega Paola Pierleoni, che ha guidato l’incontro del PID, siamo abituati a pensare ad Internet come una infrastruttura di connessione per le persone mentre ben più rilevanti sono le sue potenzialità nella connessione di oggetti. Si stima che al momento le persone che nel mondo utilizzano regolarmente Internet siano più di 5 miliardi; al contempo gli oggetti connessi alla rete sono oltre 50 miliardi. Per essere intelligenti non è necessario che questi oggetti siano ingombranti o costosi; al contrario, in molti casi si tratta di oggetti miniaturizzati e dal costo contenuto.

Sono proprio queste caratteristiche ad aprire possibilità applicative praticamente infinite: sensori posti in un campo possono consentire di monitorare in tempo reale le condizioni del suolo e delle piante e decidere sull’irrigazione o su altri trattamenti; sensori posti in un’abitazione possono consentire un controllo accurato dell’ambiente, così da migliorare le condizioni di vita e di lavoro e allo stesso tempo risparmiare energia; sensori ‘indossati’ da persone con patologie possono consentire il monitoraggio da remoto; sensori diffusi nell’ambiente possono aiutare a prevedere calamità naturali.

Se i costi di questi oggetti sono contenuti non altrettanto può dirsi dei sistemi che consentono di elaborare i dati da loro prodotti e di trasformarli in conoscenza utile a prendere decisioni. Per questo occorrono risorse umane qualificate.

Ed è proprio dalla diversa capacità di attrarre risorse umane qualificate che deriva il gap nei livelli di digitalizzazione fra piccole e grandi imprese. In questo ambito, come è stato più volte richiamato, il ruolo della formazione è fondamentale e riguarda non solo i giovani, il cui numero sarà sempre più esiguo, ma anche chi è già occupato. Le opportunità offerte dalle tecnologie digitali sono praticamente illimitate ma l’ingrediente fondamentale per poterle coglierle rimane la disponibilità di persone opportunamente formate.

* Docente di Economia all’Università Politecnica  delle Marche e coordinatore  della Fondazione Merloni

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