Smart working, da oggi stop al semplificato: le nuove (vecchie) regole. Chi ha la priorità negli accordi individuali

In sostanza si torna in tutto e per tutto agli accordi individuali

Smart working semplificato, da oggi lo stop: si torna alle vecchie regole. Cosa prevede la legge
Smart working semplificato, da oggi lo stop: si torna alle vecchie regole. Cosa prevede la legge
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Lunedì 1 Aprile 2024, 12:21

Fine dello smart working semplificato. Oggi, 1 aprile, è il giorno di scadenza delle procedure adottate nel periodo dell'emergenza Covid che hanno consentito ai lavoratori di poter svolgere le mansioni compatibili in modalità da remoto. Stop anche per chi ha continuato ad usufruirne anche dopo la più stretta emergenza, ovvero i lavoratori fragili e i genitori di figli under 14 impiegati nel settore privato. 

Cosa cambia

Cosa cambia? In sostanza si torna in tutto e per tutto agli accordi individuali. E in più bisogna prestare attenzione al rischio multe (da 100 a 500 euro). Dal 1° aprile i datori di lavoro non potranno più accedere in modo semplificato alla possibilità di stabilire lo smart working per i dipendenti. Compresi quelli che sono in una condizione di fragilità e i genitori con figli sotto i 14 anni di età. Il lavoro agile è normato da regole precise, per tutelare e i lavoratori e l’azienda. In primo luogo è necessario sottoscrivere un accordo individuale per il lavoro da remoto.

Diventa un obbligo da aprile. Le aziende dovranno necessariamente procedere in questo modo, pena incorrere in sanzioni.

Gli accordi individuali

La parola chiave diventa dunque accordo individuale. Deve essere stipulato tra azienda e lavoratore. Oltre alla tipologia di accordo - tempo determinato o indeterminato - dovrà contenere le indicazioni specifiche nel caso di alternanza del lavoro in presenza e quello da casa.

L'accordo deve prevedere specifiche regole sul luogo in cui il lavoratore potrà svolgere la propria mansione da remoto. L’azienda deve mettere al corrente il lavoratore di tutti gli strumenti da utilizzare per svolgere il lavoro da remoto, con le relative modalità di controllo.

Chi ha la priorità

Nonostante la fine della proroga, se l'azienda deciderà d avvalersi di accordi individuali per lo smart working, ci sonno alcune categorie lavorative che continueranno a ricevere priorità. Si tratta di lavoratrici e lavoratori con figli fino a 12 anni di età e senza alcun limite di età in caso di figli in condizioni di disabilità, lavoratori con disabilità grave, lavoratori caregivers.

Comunicazione e multe

Le aziende che non provvedono a stipulare un preciso accordo con i lavoratori in smart working possono essere multate a partire da aprile. Obbligo del datore di lavoro è procedere entro 5 giorni massimi dall’inizio della prestazione a comunicare l’inizio del lavoro tramite il portale Servizi Lavoro secondo la procedura standard.

I titolari che non provvedono a rispettare questa regola incorreranno in una multa da 100 a 500 euro per ogni lavoratore. Questo dovrà essere svolto anche per lavoratori considerati soggetti fragili e per coloro che hanno figli a carico di età inferiore a 14 anni, poiché termina la deroga prevista precedentemente. Inoltre l’impresa è obbligata a procedere alla conservazione dei documenti di accordo con i lavoratori in smart working per un periodo di almeno 5 anni.

Il fenomeno

La scadenza dello smart working semplificato segna una nuova fase per un fenomeno in crescita: dopo i picchi della pandemia e una graduale riduzione negli ultimi due anni, nel 2023 i lavoratori da remoto nel nostro Paese si assestano a 3,585 milioni, in leggera crescita rispetto ai 3,570 milioni del 2022, ma ben il 541% in più rispetto al pre-Covid. Nel 2024 si stima saranno 3,65 milioni gli smart worker in Italia, come rilevava l' Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano. In questo scenario «si torna quindi al modello stabilito nel 2017. Il Covid aveva comportato un utilizzo massivo dello strumento, che dall'innovazione organizzativa è migrato verso una finalità emergenziale. Ciò ha generato due effetti di sistema: da un lato sganciando lo smart working dalla finalità propriamente imprenditoriale, ma dall'altro ha dimostrato la sua ampia praticabilità e i suoi benefici anche sul piano sociale», osserva il giuslavorista Francesco Rotondi, consigliere del Cnel e fondatore dello studio LabLaw.

Il diritto allo "smart working"

«Alla prima fase di scetticismo, è seguita una fase di ottimismo eccessivo, che ha per certi aspetti sottovalutato la necessità di coniugare lo smart working con lo 'stile organizzativo' delle imprese», sottolinea Rotondi. Per questo «si discute della necessità di un restyling normativo delle legge del 2017, anche se la criticità maggiore pare essere quella che riguarda l'adattamento dell'organizzazione aziendale allo strumento. Perchè è emersa con prepotenza una istanza sociale che individua nello smart working uno strumento assai efficace di conciliazione dei tempi di lavoro, di cura e di vita, che si spinge fino a invocare un 'diritto' allo smart working», conclude. 

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