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Alessandro Venier fatto a pezzi con un'ascia da madre e compagna, il giallo sul movente e i motivi futili: non aveva preparato la cena. Cosa non torna

E' stato ucciso e fatto a pezzi dalla mamma e dalla compagna. Il delitto a Gemona del Friuli (Udine)

Alessandro Venier fatto a pezzi con un'ascia da madre e compagna, il giallo sul movente e i motivi futili: non aveva preparato la cena. Cosa non torna
Alessandro Venier fatto a pezzi con un'ascia da madre e compagna, il giallo sul movente e i motivi futili: non aveva preparato la cena. Cosa non torna
di Mario Landi
Riservato agli abbonati premium
venerdì 1 agosto 2025, 09:36 - Ultimo agg. : 09:49 | 4 Minuti di Lettura

Quel che restava del corpo di Alessandro Venier era nascosto in un vecchio bidone sistemato in cantina. Un uomo fatto a pezzi con un’ascia e ricoperto con della calce viva per nasconderne l’odore. E' stato ucciso e fatto a pezzi dalla mamma e dalla compagna. Il delitto è avvenuto alcune sere fa nell'abitazione di famiglia, a Gemona del Friuli (Udine).

APPROFONDIMENTI
L'OMICIDIO CHOC
Alessandro Venier ucciso e fatto a pezzi da madre e compagna: i resti del 35enne nascosti sotto la calce. Era papà di una bimba di 6 mesi
GEMONA DEL FRIULI
Alessandro Venier, ucciso e fatto a pezzi da madre e compagna: il corpo nascosto in cantina. La coppia aveva un figlio di 6 mesi

A indicare il bidone col il cadavere sezionato agli inquirenti sono state due donne, la madre e la compagna della vittima, Alessandro Venier, 35 anni, che si sarebbero autoaccusate del delitto. Sono state infatti loro — Lorena Venier, 62 anni, e Marylin Castro Monsalvo, 31enne colombiana che di recente avrebbe sofferto di depressione post partum — a chiamare il numero unico per l’emergenza. Poco dopo i carabinieri sono giunti nella casa dell’orrore, a Gemona del Friuli, in una viuzza dove tutti conoscono tutti e dove i residenti sono annichiliti dall’incredulità.

Chi era la vittima

La vittima è Alessandro Venier, di 35 anni, era disoccupato. Faceva lavoretti saltuari. A ucciderlo - secondo quanto hanno riferito, appunto, prima che gli investigatori le portassero in caserma - sono state la mamma Lorena Venier, di 62 anni, e la compagna, Marylin Castro Monsalvo, cittadina colombiana, di 30 anni. La vittima portava lo stesso cognome della madre perché il padre, sembra un cittadino di altra nazionalità, non ha mai riconosciuto il figlio. La coppia ha una bambina di sei mesi, che è già stata affidata ai Servizi sociali non essendoci altri parenti prossimi in Italia di alcuno dei protagonisti della vicenda. Sono ancora da chiarire sia le modalità del delitto che il movente. L'unica cosa certa è che la salma di Venier si trovava nell'autorimessa, in un grande bidone. Non solo: il corpo era stato sezionato in tre pezzi, prima di essere sistemato nel contenitore, coperti poi da calce viva per evitare che il cattivo odore con il passare del tempo potesse insospettire i vicini.

 

La lite

Dalle notizie trapelate, le due donne avrebbero riferito che un paio di sere fa tra loro e l'uomo ci sarebbe stata una violenta lite. Non casuale: sarebbe stato l'ennesimo scontro in un clima di crescenti vessazioni. Prima di mettersi a tavola, è cominciata la discussione perché Alessandro Venier, che avrebbe dovuto occuparsi perlomeno della cena, in realtà non aveva preparato nulla. Un gesto apparentemente insignificante, ma che avrebbe rappresentato il culmine di un’esasperazione delle due donne, alimentata da tempo dall’ignavia e dalla vita inconcludente dell’uomo.

Una situazione tesa e difficile, perché nella placida periferia friulana con la nascita della piccola i componenti della famiglia erano diventati quattro e a mantenere tutti era soltanto lo stipendio di mamma Lorena, la quale, seppure apprezzata caposala nel locale ospedale, non guadagnava cifre altissime. L'uomo dunque, sentendosi fortemente criticato da parte delle due donne per le mancate occupazioni domestiche e nonostante la collaborazione che aveva assicurato, si sarebbe scagliato su entrambe per controbattere alle lamentele. A questo punto la ricostruzione si ferma e prosegue «nel campo delle ipotesi e delle illazioni» come ha precisato anche la procuratrice aggiunta di Udine, Claudia Danelon. Ipotesi e illazioni che «potranno essere suffragate o meno solo oggi, nel corso dell'interrogatorio fissato con le due donne, dopo una notte trascorsa nel carcere di Trieste.

La ricostruzione

La ricostruzione più verosimile è che madre e compagna, dopo l'aggressione subita, volessero rendere inoffensivo l'uomo. Per questo, potrebbero avergli somministrato farmaci - di cui in casa c'era ampia disponibilità, per la depressione post partum di Marylin Castro - senza rendersi conto della dose eccessiva che potrebbe averne causato la morte. Ma non si può nemmeno escludere che l'azione - a quel punto il delitto sarebbe premeditato - fosse finalizzata ad assicurarsi che la vittima non potesse reagire, visto anche che si trattava di un uomo di corporatura robusta. Una volta stordito, avrebbero assestato alcuni fendenti con la stessa ascia che poi avrebbero utilizzato per sezionarne il cadavere. Saranno autopsia ed esami tossicologici a stabilire potenzialmente la verità. Dramma nel dramma, stamani l'assistente sociale ha dovuto faticare non poco per confortare e rassicurare la neonata che non voleva staccarsi dalle braccia di nonna Lorena. L'hanno coccolata a lungo, poi la piccola è passata nelle braccia dell'assistente. La nonna, invece, è stata soccorsa dal personale di un'ambulanza perché colta da un lieve malore.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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