Assange, no all'estradizione negli Stati Uniti (per ora), Londra concede l'appello ​al fondatore di WikiLeaks

L'Alta Corte di Londra ha dato oggi il via libera all'istanza della difesa del giornalista australiano

Assange non sarà estradato negli Stati Uniti, Londra concede l'appello al fondatore di WikiLeaks
Assange non sarà estradato negli Stati Uniti, Londra concede l'appello ​al fondatore di WikiLeaks
di Redazione Web
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Martedì 26 Marzo 2024, 15:02

Assange non sarà estradato negli Stati Uniti, almeno per ora. Il giornalista e fondatore WikiLeaks ha ancora una carta da giocare per cercare di sfuggire alla contestatissima estradizione negli Usa, che gli danno la caccia da quasi 15 anni per aver diffuso documenti riservati del Pentagono e del Dipartimento di Stato contenenti rivelazioni imbarazzanti. L'Alta Corte di Londra ha infatti dato oggi il via libera all'istanza della difesa del giornalista australiano - respinta in primo grado - per un ulteriore, estremo appello di fronte alla giustizia britannica contro la consegna alle autorità d'oltre Oceano.

La sentenza

Nella sentenza, inoltre, i giudici hanno anche chiesto al governo di Washington di fornire entro tre settimane ulteriori garanzie sul fatto che, se estradato, i diritti del giornalista accusato di spionaggio saranno rispettati.

E, soprattutto, che non rischierà la pena di morte. «Se tali assicurazioni non verranno fornite, verrà concesso il permesso di ricorrere in appello e poi ci sarà un'udienza di appello», si legge in una sintesi della sentenza diffusa dalla Bbc.

Assange, 52 anni, sta combattendo una lunga battaglia legale con il governo britannico per evitare di essere estradato negli Stati Uniti e affrontare lì un processo per aver pubblicato, a partire dal 2010, circa 700mila documenti militari e dispacci diplomatici riservati di Washington. Dal 2019 è detenuto nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh a Londra senza essere stato sottoposto a un processo. Sulla testa del giornalista negli Stati Uniti pendono 18 capi di imputazione e una possibile condanna a 175 anni di carcere per aver divulgato migliaia di file riservati denunciando anche abusi commessi dalle forze armate americane in Iraq e Afghanistan. È accusato di aver violato il National Espionage Act, la legge sullo spionaggio americana, che risale al 1917.

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