«Correte, correte, mio figlio non respira». Bimbo di due anni muore in casa

Dramma a Monte San Vito
Dramma a Monte San Vito
di Gianluca Fenucci
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Mercoledì 9 Dicembre 2020, 04:05 - Ultimo aggiornamento: 09:09

MONTE SAN VITO  - Ha due anni il piccolo, ha la febbre alta, si è addormentato prostrato e senza forze e vive tra l’indifferenza e l’insensibilità, il disinteresse e la noncuranza dei grandi, degli adulti, di chi sa ma non agisce, di chi vede ma non provvede. E così il bimbo, che in Italia non è neppure registrato all’anagrafe, in un mattino grigio, in quella che in Italia è una giornata di festa dedicata a Maria e all’Immacolata Concezione, in un piccolo paese d’Italia muore e la sua morte lascia attoniti tutti, anche quelli che forse avrebbero potuto far qualcosa. 


Muore così, di notte ma se ne accorgerà la madre solo alle 8 di mattina, un bambino di due anni che viveva con la sua mamma e la sua sorellina di pochi anni più grande in un appartamento all’interno di Palazzo Boccolini, un palazzo storico di Monte San Vito, “palazzo Bugo” come lo chiamano i monsavitesi, una residenza ben ristrutturata e bella, che sembra fatta apposta per chi non ha certo problemi economici.

E invece la morte del bimbetto è figlia della disperazione, forse, dell’incuria e dell’indifferenza sicuramente.

Ieri mattina la mamma Cristina, una donna di origine romena, giovane e schiva, chiusa e di pochissime parole, si accorge che il suo piccolo non respira più, chiama il 118 e i carabinieri: arrivano tutti ma solo per costatare la morte del bambino. I carabinieri di Jesi e di Monte San Vito controllano l’appartamento, chiedono spiegazioni alla donna che è frastornata e distrutta dal dolore: una madre definita dai vicini «particolare, taciturna e che talvolta neppure saluta se la incontri per le scale, una persona che fa la sua vita e che apre la porta solo al suo compagno». Forse solo una donna sola, che aveva bisogno d’aiuto. Quell’aiuto che i servizi sociali, come afferma il sindaco Thomas Cillo, le avevano offerto e che lei aveva sempre testardamente rifiutato. 


«La comunità è sotto choc – dice il sindaco – perché la morte di un bimbo, a prescindere dalle cause, è sempre una tragedia di immani proporzioni. È un giorno festivo e gli uffici sono chiusi ma devo verificare tante situazioni. La mamma è seguita dai servizi sociali ma si è sempre resa irreperibile, reticente ad ogni tipo di aiuto e di avvicinamento. La figlia di 5 anni, nata in Italia, è regolarmente registrata all’anagrafe comunale ed invece il bambino, che è nato all’estero, non lo è mai stato. A nulla sono valsi i nostri inviti insistenti a registrare anche il figlio: la madre non ne voleva sapere». Al secondo piano di Palazzo Boccolini ci sono otto appartamenti eppure quella donna con quei due bambini piccoli è quasi sconosciuta a tutti. 


«Abitava qui da anni – dice un vicino – ma non si vedeva quasi mai e anche se la incrociavi difficilmente salutava». Mentre veniva disposta l’autopsia sul corpicino del piccolo bimbo che sembra non presentasse segni di violenza, ecchimosi o lividi, le domande e i dubbi diventano pesanti come macigni. Come può una madre che pare non lavori con due figli piccoli a carico vivere in un appartamento come quello del secondo piano di Palazzo Boccolini? Che tipo di società e di comunità è quella che non si accorge della situazione di degrado anche morale, oltre che economico, in cui alcuni versano? E soprattutto, perché un bimbo di due anni deve morire così, senza aiuti, senza attenzioni, senza cure, solo perché ha la febbre alta e nessuno si accorge di lui e del suo piccolo cuore affranto, che si ferma per sempre, in un mattino grigio di dicembre, quando in Italia è festa e il Natale è vicino.

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