Bluff e truffe, spie e somme intascate
Altri guai per il finto aggiusta-processi

Bluff e truffe, spie e somme intascate Altri guai per il finto aggiusta-processi
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Domenica 13 Maggio 2018, 04:05 - Ultimo aggiornamento: 11:43
ANCONA - Non sarebbe stato un bluff occasionale, quello con cui il maresciallo Gianni Barca un anno fa provò a spillare duemila euro a un amico imprenditore, facendogli credere che con le sue influenze a palazzo di giustizia poteva addirittura risparmiagli le spine di un processo penale. L’ex comandante dei carabinieri di Brecce Bianche, in forza ai servizi d’intelligence prima di essere sospeso per questa imbarazzante vicenda giudiziaria, avrebbe tentato di tirare lo stesso bidone ad altre persone sottoposte a indagini, selezionate consultando senza alcuna ragione di servizio le banche dati delle forze dell’ordine. E insieme ad altre persone, ancora da identificare, Barca si sarebbe appropriato anche di fondi pubblici nella sua disponibilità, tanto da meritarsi anche un’accusa di peculato.

 

Per questo ora il detective dell’Arma dovrà difendersi da altre accuse, oltre a quella di millantato credito nei confronti di Luigi Catalano, già amministratore dell’Edilcost che nel giugno 2017 lo costrinse agli arresti domiciliari per quasi tre settimane.

Mentre attende una richiesta di rinvio a giudizio dai magistrati dell’Aquila - competenti perché nel processo figura come parte offesa il pm anconetano di cui Barca aveva speso del tutto a sproposito il nome, vantandosi di poterlo condizionare - il maresciallo sospeso dal servizio è al centro di un’altra indagine. Un filone investigativo partito proprio dagli accertamenti seguiti all’arresto dell’8 giugno dell’anno scorso, scattato in flagranza di reato «per aver chiesto ad un imprenditore locale - ricorda una nota diffusa ieri dall’Arma dei carabinieri - 2.000 euro per intercedere a suo favore in un procedimento giudiziario, millantando un credito, in realtà inesistente, presso un magistrato in servizio ad Ancona» .
Altri indagati
La Procura della Repubblica di Ancona ha chiuso formalmente questa nuova tranche dell’inchiesta, condotta dai carabinieri della stazione di Brecce Bianche e coordinata dal pm Mariangela Farneti, che vede coinvolti anche altri indagati, compresi pubblici ufficiali. L’inchiesta bis sulle vanterie di Barca, che stando alle accuse ha compromesso la sua reputazione di ottimo investigatore spacciandosi per un aggiusta-processi - avrebbe consentito ai carabinieri di far emergere sia nuovi episodi di millantato credito, più o meno con lo stesso format, sia altri reati, come truffa, accesso abusivo ai sistemi informatici delle banche dati protette da misure di sicurezza. «Non conosciamo i dettagli di queste nuove accuse, non ci è stato notificato nulla», diceva ieri l’avvocato Gianni Marasca, che con il collega Giuseppe Cutrona difende Barca. Dal tenore delle accuse, sembra che a forza di scavare i carabinieri abbiano scoperto altre magagne, truffe e millanterie che Barca avrebbe commesso ai danni di altri indagati sempre facendo credere di poter in qualche modo, dietro pagamento, incidere sulle loro sorti giudiziarie. Per prepararsi il terreno, il sottufficiale dell’Arma avrebbe consultato senza un valido motivo le banche dati delle forze dell’ordine.
Denaro pubblico
Ma nel nuovo avviso di chiusura indagini in via di notifica viene contestato a Giovanni Barca, per tutti Gianni, anche il peculato, il reato più grave: il maresciallo noto in tutta Ancona per alcune inchieste delicate, si sarebbe infatti appropriato indebitamente - anche in concorso con altri pubblici ufficiali in fase di identificazione - di somme di denaro pubblico di cui aveva disponibilità per ragioni legate al suo ufficio, sviate dalla loro corretta destinazione.
A inguaiare Barca, un anno fa, era stata una denuncia presentata da Luigi Catalano, in passato imprenditore edile ben in vista con la sua Edilcost, poi fallita. Rischiava un processo, ma Barca gli avrebbe fatto credere che c’era ancora modo di cavarsi fuori dai guai. Il prezzo? Duemila euro. 
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