Prigioniera di un paradiso terrestre a causa del Coronavirus e di tutte le sue conseguenze. Holbox è una piccola isola caraibica a nord dello Yucatan, nella regione...
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«Le ho provate tutte, ma non c’è verso - racconta Nina, che d’estate fa la stagione a Portonovo e d’inverno ama viaggiare - Non sono disperata perché qui sto bene, è come una bolla in mezzo al mare: faccio volontariato in un ostello che, in cambio, offre ospitalità a me e ad una trentina di ragazzi stranieri. Piuttosto, mi sento abbandonata: dal consolato, dall’ambasciata e dalle compagnie aeree».
Sì perché Nina ha tentato inutilmente di organizzare il viaggio di ritorno. «Ho già speso mille euro di biglietti per tre voli cancellati e non rimborsati. C’è una compagnia che continua a emetterli per poi annullarli in cambio di voucher inutilizzabili. Lunedì finalmente sono riuscita a mettermi in contatto con la Farnesina, ma mi hanno spiegato che possono solo organizzare viaggi di rientro per gli italiani, a nostre spese. Peccato che danno un preavviso minimo e infatti non sono riuscita a prenotare il volo del 25 marzo a 840 euro. Ma la cosa più grave è che non riceviamo informazioni: mi scontro con segreterie telefoniche, telefonate a vuoto, mail a cui nessuno risponde. Ho scritto anche alla Regione Marche, senza successo».
Tornare ad Ancona, per Nina, sembra un miraggio. Per fortuna ha trovato ospitalità sull’isola di Holbox, ora semideserta. «Non possiamo uscire dall’ostello. Viviamo come in una comunità: c’è chi cucina, chi fa la spesa, chi pulisce, organizziamo corsi di lingua e partite a volley. Per fortuna non abbiamo notizia di casi positivi su quest’isola, ma la paura c’è: qui le strutture sanitarie sono fatiscenti, se dovesse diffondersi il contagio, non so cosa potrebbe succedere. Anche per questo voglio tornare a casa il prima possibile». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico