Prigioniera di un paradiso terrestre a causa del Coronavirus e di tutte le sue conseguenze. Holbox è una piccola isola caraibica a nord dello Yucatan, nella regione messicana di Quintana Roo, famosa per le spiagge bianche e gli squali balena. Da lì non riesce ad andarsene Nina Daniele, 24enne anconetana. Partita a novembre con il suo ragazzo, zaino in spalla, per un tour nella terra dei Maya. Lui nel frattempo è rientrato in Italia per lavoro, lei invece ha proseguito la vacanza ad Holbox, dove da oltre un mese è bloccata.
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«Le ho provate tutte, ma non c’è verso - racconta Nina, che d’estate fa la stagione a Portonovo e d’inverno ama viaggiare - Non sono disperata perché qui sto bene, è come una bolla in mezzo al mare: faccio volontariato in un ostello che, in cambio, offre ospitalità a me e ad una trentina di ragazzi stranieri. Piuttosto, mi sento abbandonata: dal consolato, dall’ambasciata e dalle compagnie aeree».
Tornare ad Ancona, per Nina, sembra un miraggio. Per fortuna ha trovato ospitalità sull’isola di Holbox, ora semideserta. «Non possiamo uscire dall’ostello. Viviamo come in una comunità: c’è chi cucina, chi fa la spesa, chi pulisce, organizziamo corsi di lingua e partite a volley. Per fortuna non abbiamo notizia di casi positivi su quest’isola, ma la paura c’è: qui le strutture sanitarie sono fatiscenti, se dovesse diffondersi il contagio, non so cosa potrebbe succedere. Anche per questo voglio tornare a casa il prima possibile».
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