VISSO - «È come un villaggio turistico, ma senza la vacanza». Ormai ci si scherza anche un po’ su. Un riso amaro, certo. Ma per chi, a quasi 7 anni dalle scosse che hanno devastato il centro Italia, è ancora costretto a vivere nelle Sae, uno squarcio d’ironia nel cielo plumbeo sopra i borghi sfregiati dal sisma diventa un’arma contro lo sconforto. Tra i Comuni che stanno pagando il prezzo più alto delle lungaggini della burocrazia, carnefice della ricostruzione, c’è Visso. La sua piazza era una delle 100 più belle d’Italia. Oggi mostra le cicatrici della catastrofe che nel 2016 si è abbattuta sulle Marche. A Visso sono ancora 211 i nuclei familiari ostaggio delle casette e, tra gli sfollati, c’è anche il sindaco Luigi Spiganti.
Il Comune nel container
La sua casa è stata lesionata «e ogni volta che ci passo davanti, mi viene il magone».
Villaggi turistici oltre l’ironia, insomma. Ma trascorrere una settimana o due nelle casette è un conto. Passarci quasi 7 anni è tutta un’altra storia. Lo sa bene Maria Bruna Venanzoni, pensionata che vive dal novembre 2017 con i suoi due cani in una Sae da 40 metri quadri: un salotto/cucina, un bagno e una camera.
Stop. «Non so più dove mettere le cose. Prima abitavo nella casa che era stata dei miei genitori. L’avevo ristrutturata tutta, ma poi il terremoto l’ha lesionata e ora i muri stanno cedendo. Ci dissero che quella delle Sae era una soluzione temporanea, che avrebbero ricostruito le nostre case. Ricordo ancora la promessa di non lasciarci soli. Mai mantenuta». Ma non permette alla rabbia di prendere il sopravvento, Bruna: «Non mi lamento, ormai mi sono adattata a vivere così, ma stiamo pagando le tasse sui sassi e sento di palazzi ricostruiti in altre città che non hanno subito il terremoto. Questo non va bene».
Il centro sfregiato
No, non va bene. Tra le silenziose vie del centro storico, il tempo si è fermato al 2016. Ci sono ancora le macerie nei vicoli - anche perché in quegli angusti spazi sarebbe pericoloso rimuoverle - le vetrine dei negozi sono infrante e i palazzi mostrano il volto profondamente segnato dal sisma. «Solo per rifare la piazza ci vorranno almeno 10 anni», abbozza una stima il sindaco Spiganti, che ci accompagna nel cuore di quella che un tempo era la sua bella città e che ora spera di veder rinascere. Insieme a lui, l’emblema della resilienza degli abitanti di Visso. Alessandro Morani si è fatto un anno in roulotte prima di vedersi assegnare la casetta da 40 metri quadri in cui vive tutt’oggi. «Amo Visso e non voglio lasciarla. Ho un negozio di telefonia e, appena ho potuto, l’ho riaperto, così da mantenere un minimo di servizi».
La delusione di insinua tra i ricordi: «Nei primi 3-4 anni dopo il sisma sembrava che nessuno sapesse cosa fare. Oggi vediamo le gru, ma solo all’esterno del centro». Ma non si abbatte: «Non siamo gente che fa piagnistei. Però la Sae non è casa. Se volessi mettere su famiglia, sarebbe impossibile in uno spazio di appena 40 metri quadri. È un vincolo anche per le scelte di vita». E a nessuno dovrebbero essere imposte scelte come queste. Eppure, nelle Marche sono ancora 1750 i nuclei familiari costretti al tempo sospeso delle casette, con la ricostruzione delle proprie case ben al di là da venire. «A Visso, la ricostruzione sarà al 60% - traccia il perimetro il primo cittadino - ma solo all’esterno del centro storico».
L’Infinito
Dentro le mura cittadine no, la ricostruzione non ha nemmeno mosso i primi passi. Ma la speranza abita ancora quei luoghi e Spiganti indica con orgoglio quello che un tempo era il museo della città. «Lì c’era L’Infinito di Leopardi, tornerà a brillare», dice con un filo di commozione. Dopo il viaggio nei ricordi, si torna ai villaggi Sae, distribuiti all’esterno delle mura. «In tutti questi anni, molti giovani se ne sono andati - mette a fuoco l’ennesimo problema Spiganti - ma stiamo mettendo in atto alcune politiche per farli tornare. Per esempio, quando si libera una Sae, cerchiamo di darla a famiglie con bambini che vogliono rientrare a Visso dopo essersi allontanati in seguito alle scosse». Ma finché non verranno ricostruite le case, la vita non potrà rimettersi in moto e la soluzione tampone delle Sae non è più accettabile. Né dignitosa, per chi di dignità ne ha dimostrata molta in questi 7 lunghi anni e merita di riavere ciò che sisma e burocrazia hanno devastato.