MACERATA- Sembrava di stare sulla bocca dell’inferno. La terra non smetteva di tremare. Non si vedeva nulla e pioveva». I ricordi sono impressi a fuoco nella mente di Isabella Liberti: sono passati quasi sette anni da quella notte maledetta del 26 ottobre 2016, quando una delle scosse più forti dello sciame sismico nel centro Italia, ha colpito le Marche con inaudita violenza. Ma per chi quello choc l’ha vissuto sulla propria pelle, il tempo si è fermato.
Il tempo sospeso
Un tempo sospeso, come le vite dei terremotati che ancora oggi aspettano di riavere le proprie case.
La mappa
E invece, per molti è ancora così. La provincia di Macerata, quella più devastata dalle scosse del 2016 e del 2017, conta il numero maggiore di nuclei familiari ancora ospitati nelle casette: ben 1509 sui 1750 totali. I villaggi Sae più popolosi sono quelli di Camerino, dove si contano 291 famiglie, Muccia con 119, Visso con 211 e la stessa Pieve Torina, dove ce ne sono 180. Una mappa che lascia emergere in tutta la sua devastante brutalità il quadro di quanto poco o nulla si sia mosso per far rinascere quegli splendidi borghi abbarbicati sui Sibillini, costringendo chi ci viveva ad un’attesa interminabile. Un tempo sospeso, appunto. Scandito da una burocrazia che ha strangolato la ricostruzione e bloccato migliaia di persone in strutture che avrebbero dovuto ospitarle per qualche mese appena. Uno scandalo che grida vendetta. Nel cratere sismico, che oltre alla provincia di Macerata include anche molti Comuni dell’Ascolano e del Fermano, e alcuni dell’Anconetano, sono state realizzate complessivamente 3800 Sae per le quali sono stati spesi 220 milioni di euro, a cui si aggiungono i 190 milioni per le urbanizzazioni. «Di questo passo, ci metteremo 30 anni per riuscire ad uscire da queste casette», le parole intrise di amarezza di Simonetta Mogliani, che vive nel villaggio Sae ribattezzato La Serra a Pieve Torina: «Si sono dimenticati tutti di noi. Da governo alla Regione, tutti. Doveva essere una soluzione temporanea, ci hanno presi in giro. Avevo una casa di 200 metri quadri e ora ci ritroviamo a vivere in una da 60 mq in quattro. Non abbiamo più posto per mettere le cose. Mio figlio di 26 anni sta pensando di trasferirsi in un’altra città perché questa non è vita».
La beffa
Ma siccome non c’è limite al peggio, al danno si aggiunge la beffa. Molti assegnatari delle casette si sono visti recapitare, negli scorsi giorni, una richiesta di contributo da corrispondere per i canoni mensili arretrati da inizio 2021. E in alcuni casi, la cifra supera i 2mila euro. Un salasso che ha il sapore di una presa in giro per chi tutto vorrebbe, fuorché continuare a vivere lì. Eppure, in quel limbo in cui si è trasformato il cratere del sisma, succede anche questo. La resilienza dei marchigiani è nota, ma la pazienza ha un limite e quello delle popolazioni terremotate è stato superato. Si parla spesso di invertire il trend dello spopolamento nelle aree interne della regione. Poi, però, si costringono le persone a vivere ammassate in strutture minuscole e non adatte a reggere così a lungo nel tempo infinito.