Moscioni (Aris): carenze sulla diagnostica, e i pazienti vanno fuori dalle Marche: «Aiutiamo il pubblico, la Regione ci ascolti»

Moscioni (Aris): carenze sulla diagnostica, e i pazienti vanno fuori dalle Marche: «Aiutiamo il pubblico la Regione ci ascolti»
Moscioni (Aris): carenze sulla diagnostica, e i pazienti vanno fuori dalle Marche: «Aiutiamo il pubblico la Regione ci ascolti»
di Martina Marinangeli
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Giovedì 11 Gennaio 2024, 03:20 - Ultimo aggiornamento: 12:15

Paolo Moscioni, presidente dell’Aris Marche: come valuta l’accordo che avete appena stipulato con la Regione?

«Andrebbe migliorato perché non riesce a coprire le esigenze di molte strutture: avrebbero bisogno di un incremento di budget per dare la risposta territoriale che viene richiesta».

Gli oltre 104 milioni di euro di committenza al privato non bastano?

«Il privato convenzionato deve poter garantire quelle prestazioni che non riesce a coprire il pubblico.

E va fatta una distinzione fondamentale».

Ovvero?

«Quella tra privato tout court e privato convenzionato. Questo secondo gruppo eroga prestazioni pubbliche, sotto il controllo del sistema sanitario pubblico. Il privato non convenzionato, invece, si sta fortemente ampliando, soprattutto per la parte diagnostica su cui c’è una carenza di risposta da parte del servizio pubblico».

Come si aggiusta questa stortura?

«Con queste strutture andrebbe fatta una sorta di accordo che consenta di sopperire alle carenze strutturali del pubblico senza far pagare il cittadino».

Intende un ampliamento delle convenzioni?

«Sì, anche solo temporaneamente, finché il pubblico non si sarà riorganizzato».

Nel 2024 cambia l’impostazione dell’accreditemento del privato, con il passaggio per gare ad evidenza pubblica: cosa ne pensa? Potrebbe essere una soluzione?

«Il principio della concorrenza, in generale, è giusto: bisogna poi capire come verrà concretamente attuato. Per le strutture legate alla residenzialità - riabilitazione, socio-sanitarie - che stanno già operando nelle Marche, comunque, non cambierà nulla. Al massimo verranno messe a gara le nuove necessità del sistema sanitario regionale».

Su quali prestazioni, nello specifico, le strutture private convenzionate potrebbero dare un contributo maggiore al pubblico, anche nell’ottica di abbattere le liste d’attesa?

«Sulla parte diagnostica. Oggi per riuscire a fare una risonanza magnetica o un elettroencefalogramma si attendono mesi, mentre spesso, quando ci si sottopone ad una diagnostica così precisa, significa che il problema è impellente. E in questi casi i tempi sono basilari».

L’altro fronte di guerra riguarda la mobilità passiva: su questo vi sentite coinvolti adeguatamente?

«Spesso capita che strutture del privato convenzionato operanti al confine - ad esempio quelle nell’Ast di Ascoli - abbiano budget molto limitati e, per questo, non riescono a garantire le prestazioni. Così, i pazienti sono costretti ad andare in Abruzzo e la Regione pagherà queste prestazioni in mobilità passiva».

Un controsenso.

«Di recente ho avuto la diretta testimonianza di una persona che doveva fare una risonanza magnetica: non potendola fare qui - il Cup la dava a 6 mesi - si è rivolta ad una struttura dell’Emilia Romagna che l’ha programmata per la settimana successiva. Quella prestazione, però, la pagherà la Regione Marche».

Come valuta l’approccio della Regione al privato convenzionato?

«Vorremmo essere più ascoltati. E ci sono un po’ di ritardi: basti pensare che l’accordo deliberato il 5 gennaio riguarda il 2022 e il 2023. Inoltre, andrebbero riconosciuti ai dipendenti del privato convenzionato gli stessi aumenti contrattuali riconosciuti ai dipendenti del pubblico, perché medici e infermieri fanno lo stesso mestiere. La Regione rifletta anche su questo».

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