Fermo, slitta di un anno il processo
per la morte di Chiara Massi

Fermo, slitta di un anno il processo per la morte di Chiara Massi
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Mercoledì 25 Gennaio 2017, 10:09
FERMO - Si è aperta e chiusa in pochi minuti l’udienza del processo per la morte di Chiara Massi, la diciannovenne di Cascinare la cui famiglia da tre anni e mezzo aspetta risposte sulla dinamica di un incidente assurdo che le ha strappato via per sempre l’unica amatissima figlia. Tanto il tempo trascorso da quel 21 luglio 2013 e la giustizia penale non è riuscita ancora a dire se per quello schianto qualcuno deve pagare per omicidio colposo oppure no. La beffa è che nonostante la lunga attesa e le tante lacrime nel frattempo versate, non c’è stato niente da fare: ieri mattina il giudice, visti gli atti e discusso con gli avvocati delle parti, ha rinviato tutto di un anno. Sì, un anno. Se ne riparla... il 6 febbraio 2018. «Che devo dire? Quello che penso e cioé che è una schifezza», lo sfogo all’uscita dal tribunale di mamma Monica Ciccalè che tanto si sta battendo per avere risposte dalla giustizia. «L’ho detto tante volte e lo ripeto: nessuno potrà ridarmi Chiara. L’ho salutata quel pomeriggio, eravamo al mare, avevamo parlato di cosa mangiare per cena, mangio un toast mi disse. Sono le ultime parole che ci siamo scambiate - racconta commossa-. E’ quella l’ultima volta che l’ho vista... che darei per abbracciarla ancora... Non lo auguro a nessuno, nemmeno al mio peggio nemico, di passare quello che passano i genitori mutilati, le mamme e i papà che hanno perso i loro figli. Ogni giorno bisogna sforzarsi per cercare la forza per andare avanti, per completare il percorso. Poi accade che, con tutto questo bagaglio di dolore ti affacci in tribunale e capisci che la legge è una schifezza, che a nessuno importa di noi genitori». 

Ieri mattina in tribunale c’era anche il giovane indiano indagato per omicidio colposo perché quel giorno era alla guida dell’auto che travolse la moto su cui si trovava Chiara. E c’erano anche tre suoi connazionali. Ma il giudice non ha sentito nessuno. Se ne riparla tra un anno, arrivederci e grazie. Un rinvio che non ha scandalizzato nessuno degli avvocati presenti, che probabilmente sanno come vanno le cose nelle aule di tribunale e quali sono i tempi della giustizia, ma che ha comprensibilmente lasciato di stucco i genitori di Chiara. «Non volevo crederci - prosegue Monica - a mio marito, inorridita, ho domandato: ma ci saremo tra un anno? Poi ho detto: sì, ci saremo. Lo dobbiamo a Chiara. Se credo ancora nella giustizia? Sì ci credo, debbo farlo. Ma la legge fa schifo».
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