Matteo morto in carcere a Montacuto: il pm apre un'inchiesta per istigazione al suicidio

Matteo morto in carcere a Montacuto: il pm apre un'inchiesta per istigazione al suicidio
Matteo morto in carcere a Montacuto: il pm apre un'inchiesta per istigazione al suicidio
di Federica Serfilippi
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Martedì 9 Gennaio 2024, 04:00 - Ultimo aggiornamento: 10 Gennaio, 08:36

ANCONA La denuncia sporta ai carabinieri di Rieti non è stata vana. Roberta Faraglia chiedeva agli inquirenti di indagare sulla morte del figlio. La risposta della procura di Ancona non si è fatta attendere, perché ieri ha aperto un fascicolo sul decesso di Matteo Concetti, il 25enne trovato impiccato venerdì pomeriggio nella cella di isolamento del carcere di Montacuto. L’ipotesi di reato: istigazione al suicidio. Per ora, il pm Marco Pucilli non ha iscritto alcun nome sul registro degli indagati.


I quesiti

Il magistrato ha disposto il primo accertamento irripetibile: l’autopsia sul corpo del ragazzo, nato a Fermo da una famiglia originaria di Rieti e in carcere per un cumulo di pene legate ai reati contro il patrimonio.

L’accertamento si terrà venerdì mattina all’obitorio dell’ospedale Inrca. Al perito, il dottor Raffaele Giorgetti, è stato chiesto di accertare le cause della morte e di capire se il detenuto avesse assunto medicinali o sostanze. Sul primo quesito, i dubbi sono inesistenti: Concetti si è impiccato nel bagno della cella d’isolamento dove era finito dopo aver aggredito un agente. Il grande interrogativo, quello che ha spinto la mamma a sporgere denuncia ed affidarsi all’avvocato Giacomo Curzi, è perché si sia tolto la vita. 

I dubbi

Una domanda che guida anche l’inchiesta della procura, che ha già disposto l’acquisizione della documentazione del carcere relativa al 25enne e la sua cartella clinica. Da quanto risulta Concetti era un soggetto fragile, affetto da bipolarismo, un disturbo da tenere sotto controllo con un’adeguata terapia farmacologia.

La diagnosi risulta dalla relazione di un consulente nominato dal tribunale di Rieti, dove 5 anni fa era stato incardinato un procedimento di interdizione, terminato con l’assegnazione al 25enne di un’amministratrice di sostegno. Prima di finire in carcere era stato per 2 anni in una comunità terapeutica, dove era entrato con una doppia diagnosi: tossicodipendenza e problemi di natura psichica. Concetti aveva evitato la cella (il cumulo pene è di circa 4 anni) ottenendo la misura dell’affidamento in prova in detenzione domiciliare con il permesso di lavorare: aveva trovato occupazione in un ristorante del Fermano e aveva preso casa con la compagna. Poi, alla fine della scorsa estate il beneficio gli è stato revocato dal Tribunale di Sorveglianza dopo aver sgarrato sugli orari di rientro.

 Al trasferimento in cella si è opposta la difesa, presentando la relazione psichiatrica del tribunale di Rieti e sostenendo l’incompatibilità tra il regime carcerario e le condizioni di salute del 25enne. Obiezione respinta. Concetti è stato portato a settembre nel penitenziario di Fermo, poi a novembre a Montacuto, una delle strutture più sovraffollate delle Marche (330 detenuti per 256 posti, dati ministeriali). Sarebbe uscito ad agosto. Perché il trasferimento? E soprattutto: le sue condizioni erano compatibili con una cella d’isolamento? Qualche ora prima della tragedia, aveva confessato ai genitori: «Se mi rimettono lì, io m’ammazzo». Un’intenzione che avrebbe anche palesato agli agenti. 

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