Pozzi porta sul palco di Macerata il mito di Cassandra: «Parlo di creature che vedono ciò che non si può non vedere»

Lo spettacolo domani e domenica al Lauro Rossi di Macerata

Pozzi porta sul palco di Macerata il mito di Cassandra: «Parlo di creature che vedono ciò che non si può non vedere»
Pozzi porta sul palco di Macerata il mito di Cassandra: «Parlo di creature che vedono ciò che non si può non vedere»
di Chiara Morini
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Venerdì 12 Gennaio 2024, 03:20 - Ultimo aggiornamento: 12:39

Il mito di Cassandra sta per prendere vita sul palco del Teatro Lauro Rossi di Macerata. “Cassandra” è infatti il titolo dello spettacolo con Elisabezza Pozzi in scena domani, sabato 13 gennaio, alle ore 21, e domenica 14 gennaio, alle ore 17, per la stagione di Comune e Amat (info 0733230735).

Il mito

«Cassandra – spiega Pozzi – è un personaggio che non è legato a una storia lontana, intendo dire che non è ancorata a 2000 o più anni fa». Pozzi ha sempre avuto la passione per i classici, lavorando da tempo intorno ai miti classici.  «Personalmente – dice – mi hanno sempre affascinato. Poi ho letto Christa Wolf e la prima volta che sono andata a Micene sono rimasta incantata dalle rovine di un mondo sospeso tra storia e mito. Una storia netta, dove vibra Cassandra il cui mito è finito lì così come la storia di Micene. Quello che vede il personaggio di Cassandra è ciò che non si può non vedere, è la capacità umana di attivare i sensi, capire ed essere in grado di vedere oltre». Non una magia né un miracolo, ma una semplice analisi della situazione e di quello che ci sarà dopo. Qui Cassandra viene dunque a essere un’eroina (quasi) moderna.

Il futuro

«Ho legato la storia del mito di Cassandra – spiega Pozzi – con i tempi successivi, lavorando con Massimo Fini e parlando con lui di immagini del futuro. Sono molti gli artisti che cercano di capire come andrà in futuro, lo facevano anche nell’800. Un po’ come con la tecnologia che è un dono ma può nascondere insidie. Vale oggi ed è valso anche all’epoca del mito di Cassandra: la sua Troia fece entrare il cavallo, ma in realtà si scoprì dopo che era un grande inganno».

La collaborazione con Fini è importante nella resa dello spettacolo, con un epilogo scritto a quattro mani. «Fini – prosegue Pozzi – ritiene che ogni civiltà nel colmo delle proprie forze faccia entrare cose che sono un grande dono, ma possono essere anche, all’inverso, una fonte di distruzione. La tecnologia facilita la vita, ma l’involuzione può distruggere. Nello spettacolo parlo anche dell’Occidente, di come la crisi ha fatto saltare i valori. Il mondo ha perso i riti, c’è paura e una minaccia costante di schiavitù». Non solo Troia, quindi, nella resa del mito di Cassandra da parte di Pozzi, che puntualizza anche che «approfitto del suo mito per narrare un testo che parla di creature che, come dicevo, vedono ciò che non si può non vedere, come faceva Cassandra».

Il teatro

Pozzi, tra le cose che fa, dirige la scuola di recitazione del teatro nazionale di Genova e dice che «c’è voglia di frequentarla, anche per il desiderio di lavorare nel mondo dello spettacolo. Ma ci sono molti ventenni che hanno un grande tormento interiore che non riescono a decifrare. Un animo inquieto che cerca di vedere l’invisibile e con il percorso provano a maturare consapevolezza». Un percorso di approfondimento che ha fatto lei stessa agli inizi, quando ha debuttato con Giorgio Albertazzi. «Ci ha dato la voglia vera di fare questo mestiere – ricorda Pozzi – quando ho iniziato avevo 17 anni e lui ci ha insegnato non tanto la voglia di esibirci, ma farlo come veicolo per se stessi e dare la voce a storie illuminanti. Ci ha insegnato a metterci a disposizione dei personaggi, ricreando le storie e facendo emozionare, dandoci la possibilità di avere la conoscerci. Questo, dopo che Albertazzi l’ha fatto con noi, io cerco di farlo con i giovani della mia scuola».

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